LA VITA BUGIARDA DEGLI ADULTI: il nuovo romanzo di Elena Ferrante

scritto da @neverending_reader

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“Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri.”

Un incipit folgorante quello del nuovo libro di Elena Ferrante, che con il suo La vita bugiarda degli adulti, uscito lo scorso 7 novembre per Edizioni E/O, torna a catapultarci tra le vie di quella Napoli nella quale abbiamo imparato a orientarci grazie alla saga de L’amica geniale.

Giovanna, la tredicenne protagonista del romanzo, origlia per caso una conversazione tra i suoi genitori, durante la quale suo padre afferma di trovarla brutta, paragonandola a una parente a lei sconosciuta, zia Vittoria, al cui nome in famiglia si associano da sempre disprezzo e malignità. La ragazzina, abituata a essere vezzeggiata e del tutto impreparata a un’offesa di questo genere, ne rimane sconvolta e comincia a interrogarsi sulla propria presunta bruttezza. Si tratta forse di una deformità fisica della quale non si è mai resa conto? O piuttosto di un qualche difetto caratteriale o morale che la rende sgradevole persino alle persone che più dovrebbero amarla? Le domande si affollano nella sua mente e la spingono sempre più a desiderare di incontrare la tanto bistrattata Vittoria, se non altro per comprendere in cosa consista questa ipotetica somiglianza e verificarne l’esistenza.

Ha così inizio un percorso di formazione “al contrario” che porterà Giovanna a rifiutare l’educazione borghese che i suoi genitori, entrambi docenti presso scuole della Napoli bene, le hanno impartito fino a quel momento per inabissarsi tra i vicoli e i rioni della parte popolare della città, alla ricerca di quella zia reietta alla quale improvvisamente sente di essere affine. Ad allontanare ancora di più la protagonista dai suoi genitori c’è poi la sensazione, che nasce come un sospetto strisciante e si fa via via più insistente, che entrambi le stiano nascondendo qualcosa, che la serenità della loro vita domestica non sia altro che una lucente facciata sotto la quale giacciono segreti, omissioni e vere e proprie bugie. Sotto i nostri occhi, Giovanna attraversa l’adolescenza guidata da una sola consapevolezza: gli adulti mentono, mentono continuamente, tradiscono e si tradiscono con disarmante facilità, e l’unico modo per sopravvivere è imparare ad agire come loro, usare le parole come fossero armi, cercare sostegno al di fuori del nucleo familiare.

La vita bugiarda degli adulti è un libro relativamente breve, eppure nelle sue 300 pagine la Ferrante riesce a dar vita a un microcosmo popolato da una moltitudine di personaggi e ad affrontare con grande acume molte delle tematiche a lei più care. Attraverso la voce narrante della stessa Giovanna, che come la Lenù de L’amica geniale ripercorre a posteriori le tappe più significative della propria vita, la scrittrice si sofferma ancora una volta sulle difficoltà del rapporto genitori-figli, per poi spostare l’attenzione sul contrasto socio-culturale esistente tra la borghesia progressista cui appartiene la famiglia della protagonista e il sottoproletariato incolto e volgare di cui fa parte zia Vittoria, che è senza dubbio il personaggio più vivido e interessante dell’intero romanzo. Vittoria, che a differenza del fratello non ha avuto modo di emanciparsi per mezzo dello studio e ha continuato a vivere in una povera abitazione nella Zona Industriale della città, “fa i servizi” nelle case dei signori e non si è mai sposata, pur avendo vissuto un unico grande amore dal tragico epilogo. Schietta, sboccata e dotata di un’intelligenza decisamente acuta, Vittoria è riuscita a radunare attorno a sé un gruppo di persone che, pur non essendo in realtà imparentate con lei, la rispettano e la temono come è più di un membro della famiglia. Per la giovanissima Giovanna, la zia e la sua “corte” rappresentano un’affascinante alternativa al modello di vita adulta rappresentato dai suoi genitori, e inevitabilmente l’incontro-scontro con la loro stravagante realtà condizionerà il suo modo di pensare e la sua percezione dei rapporti umani in un momento delicatissimo della sua vita, quello del passaggio dall’adolescenza all’età adulta.


Un passaggio, questo, che come sempre nei libri della Ferrante passa anche per la scoperta dell’amore e, prima ancora, del sesso, che qui assume un’importanza fondamentale e diviene il mezzo attraverso il quale Giovanna cerca di distaccarsi dal proprio retaggio familiare e di costruirsi un’identità in netto contrasto con quanto le è stato insegnato, pur sentendosi spesso a disagio e provando repulsione per dei corpi maschili che per lei non sono altro che una via per affrancarsi da un’immagine di sé stessa come brava ragazza studiosa ed educata alla quale ormai sente di non corrispondere.
L’incontro passionale con l’altro sesso potrebbe essere l’unica cosa rimasta autentica in un mondo interamente dominato dalle menzogne degli adulti. Persino zia Vittoria, in apparenza così sincera, non resiste alla tentazione di mentire, e le sue bugie si incarnano in un simbolo, un braccialetto che passerà dall’una all’altra donna del romanzo, quasi a voler significare che a tutti, nella vita, spetta in dono una cospicua dose di falsità.

Sarò sincera: La vita bugiarda degli adulti non possiede la stessa potenza della saga de L’amica geniale, pur ricalcandone alcune dinamiche. La seconda parte del romanzo, infatti, scivola precipitosamente verso un finale che rimane fin troppo aperto (diventerà il primo volume di una nuova serie?) e per questo perde di incisività rispetto alla prima metà del libro. Persino i personaggi principali, sulle prime così ben caratterizzati, sembrano poi sfumare gradualmente nell’anonimato e nella sterile ripetizione di gesti e luoghi comuni. Ciononostante, la Ferrante si riconferma una delle più talentuose e interessanti narratrici contemporanee, e la sua prosa-fiume, innegabilmente e quasi inspiegabilmente ipnotica, mi ha reso impossibile abbandonare la lettura prima di aver girato l’ultima pagina. Se vi sentite pronti a lasciare Lila e Lenù e ad immergervi in una storia completamente diversa, in un romanzo di formazione “sui generis” dalle tinte cupe, a tratti spiazzante e persino disturbante, questo è decisamente il libro che fa per voi.

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