Quando mi è arrivato il messaggio di Sophia che mi chiedeva se volessi scrivere un pezzo consigliando dei libri con tema postcoloniale per quest’estate ho capito che ero di fronte a una domanda impegnativa.
Facciamo un paio di passi indietro. Per chi non mi conosce nella vita mi occupo di letteratura irlandese, che – per quanto incredibile possa sembrare – è parte del grande gruppo delle letterature postcoloniali. Alla letteratura postcoloniale sto dedicando un ciclo di articoli sul blog (che trovate qui), perché si tratta di un argomento molto vasto con numerose ramificazioni. Ma oggi parleremo di letteratura postcoloniale in Africa.
Partiamo dal presupposto che parlare di letteratura africana è come parlare di letteratura umana: generico e vasto. Essendo anglofona ho ristretto il campo alla letteratura prodotta nelle aree che furono governate dall’Impero britannico e ai libri scritti in inglese. Quindi, non potrò fornire titoli di autori della repubblica democratica del Congo o di Capo Verde, per intenderci.
Iniziamo dal nome più noto: Chinua Achebe, Il crollo, edito E/O (Nigeria).

Soprassedendo alla traduzione del titolo, che per una Yeatsiana come me è agghiacciante[1], si tratta di un libro moderno, forse il più famoso per chi studia questo campo. Il romanzo tratta delle popolazioni Ibo prima e all’arrivo dei primi bianchi in Nigeria. Seguiamo la vita di Okonkwo, un guerriero che finirà in esilio per sette anni a seguito dell’uccisione di un uomo e al suo ritorno troverà un villaggio completamente stravolto dall’arrivo dei missionari cristiani.
Perché leggere Achebe? Achebe non è solo un grande narratore ma anche un grande letterato e studioso[2], e questa sua conoscenza profonda della cultura Ibo e della sua terra natale traspare sia nei suoi paper scientifici che nei suoi romanzi. Insomma, se non sapete da che parte cominciare con la letteratura postcoloniale africana è un ottimo punto d’inizio.
Un autore dal punto più estremo: Lewis Nkosi, Il complesso di Mandela, edito Giunti Blu (Sud Africa).

Essere adolescente non è facile, figuriamoci se sei pure combattuto tra la tradizione inglese di Keats e quella zulu dei tuoi antenati. È con queste premesse che seguiamo le vicende di Dumisa, da quattordicenne a quarantenne. La sua storia si mischia con quella di Mandela e del Sud Africa dell’Apartheid.
Perché leggere Nkosi? I romanzi di formazione sono sempre un mezzo vincente per raccontare oltre alla storia del singolo quella del suo tempo, della sua gente e del mondo che abita. Se volete avvicinarvi alla cultura zulu ma non sapete da che parte cominciare questo potrebbe essere il libro giusto.
Un autore non tradotto in italiano: Ayi Kwei Armah, Two Thousand Seasons (Ghana).
Si tratta di un libro difficile per il tema trattato, ovvero del ruolo di complici che ebbero molti africani nella schiavizzazione e rapimento di altri africani da parte degli arabi e dei bianchi. Fu anche un libro che generò mixed feelings, il nostro amico Achebe infatti lo criticò severamente per come aveva trattato un argomento cosí delicato, mentre altri lo applaudirono per aver ridefinito un argomento taboo.
Perché leggere Armah? Perché dire che nulla è solo bianco o nero è oggettivamente vero e interrogarsi anche sulle verità scomode fa sempre bene. Domandarsi se ci sia di più e altro prima di abbattere una statua sarebbe necessario a volte e Armah lo fa perfettamente.
Un autore di un testo di saggistica: Ngũgĩ wa Thiong’o, Decolonizzare la mente, edito Jaca Books (Kenya).
Si tratta di una serie di saggi sul ruolo della lingua all’interno della cultura e storia nazionale. In particolare, è interessante il ruolo che ha la lingua dei colonizzatori sulla lingua dei colonizzati e di conseguenza sulla loro cultura. Si tratta sicuramente di un testo che è maggiormente apprezzabile da un linguista più che di una lettura da spiaggia. In realtà lo stesso autore ha scritto numerosi romanzi, ma ci tenevo a consigliare una lettura un po’ diversa.
Perché leggere Thiong’o? perché insieme ad Achebe è una delle voci piú importanti per gli studi africani postcoloniali.

Vi sarete resi conto che molti di questi autori sono nati prima del 1940 e che si tratta di soli uomini, è una scelta che ho operato volontariamente, perché ho scelto di parlarvi della “vecchia guardia”. Nella letteratura di Kenya, Ghana, Nigeria e Sud Africa esistono molte voci nuove e femminili (per citarne una famossissima Chimamanda Ngozi Adichie), ma ho ritenuto più opportuno partire dalle basi della letteratura postcoloniale, che (ahimè) come spesso accade sono voci maschili.
Spero che questo piccolo sguardo alla letteratura postcoloniale vi abbia incuriosito e vi invito ad esplorarne le innumerevoli declinazioni.
Voi vi siete mai avvicinati a questo tipo di letture? Avete letto qualcuno di questi libri? Ne avete altri da consigliare?
Articolo scritto da Melanie

[1] Il titolo originale è Things Fall Apart e si tratta di una citazione della celebre poesia di W.B.Yeats The Second Coming.
[2] E no, la cosa non è conseguenza implicita. Cambiando continente, in Italia in particolare, abbiamo un sacco di grandissimi scrittori che non oserei definire studiosi nemmeno se mi coprissero d’oro zecchino.
Bellissimo articolo, grazie! Non conosco la letteratura africana, e mi piacerebbe saperne di più; intanto, il tuo articolo mi ha dato una base da cui partire. Grazie ancora! Buona giornata. 🙂
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Grazie mille per il commento, sono contenta che ti sia piaciuto l’articolo.
La letteratura post coloniale può essere un buon punto d’inizio😉 fammi sapere se leggerai uno dei libri dell’articolo.
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Dei libri veramente interessanti e pieni di spunti. Questi libri sono molto importanti anche per poter comprendere un periodo abbastanza delicato su cui bisogna dare degli approfondimenti. Grazie mille per i consigli!
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ciao, grazie mille per il tuo commento.
concordo pienamente, quale modo migliore per conoscere un paese e un periodo storico se non attraverso le voci che lo popolano?
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