Il mondo della traduzione (collaborativa)

articolo di @parolemigranti

Quando Sophie ci ha chiesto di raccontare la nostra esperienza nell’incredibile mondo della traduzione editoriale, abbiamo subito accettato con entusiasmo.

Parlare di traduzione e far conoscere a tutti il mestiere del traduttore è uno dei nostri principali obiettivi.

Dall’alto: Ilaria, Cristina e Martina

Ma partiamo dall’inizio: Parole Migranti nasce nel lontano 2015, quando eravamo ancora tre studentesse di un master in traduzione letteraria a Milano che ci ha fatto incontrare.
Lì ci siamo trovate spesso – complice anche il fatto che solo noi tre avevamo scelto quel corso! – a tradurre insieme e a usare quindi il metodo collaborativo, scoprendone così l’enorme potenziale.

In Italia il concetto di traduzione collaborativa, a differenza di altri paesi, non è ancora così diffuso. Anzi, spesso viene confuso con quel meccanismo di traduzione a più mani utilizzato dalle case editrici per ridurre i tempi di pubblicazione, in cui le parti del testo da tradurre vengono distribuite tra traduttori che non hanno nessun rapporto tra di loro, e spesso neanche si conoscono.
È ovvio che un lavoro fatto così non porta a niente di buono, tutt’altro, si potrebbe fare una lista lunghissima dei danni collaterali e delle criticità, basti pensare alla difficoltà di uniformare un testo del genere, dove non è stato preso nessun tipo di accordo preliminare sulla strategia da seguire, la dominante e dove si sente forte la presenza di stili di traduzione molto diversi tra loro.

Questa cattiva abitudine ha purtroppo infangato la buona prassi della traduzione collaborativa come la intendiamo noi e come descritta nei translation studies e ne ha compromesso la reputazione, persino tra gli addetti ai lavori.
In generale, pensiamo che la collaborazione finalizzata alla realizzazione di un progetto – non per forza un testo – ha un grande potenziale.
Ma per far sì che questo potenziale si realizzi è assolutamente necessario che all’interno del gruppo non si stabiliscano delle gerarchie o delle dinamiche di potere volte a far prevalere il singolo, ed è proprio da qui che siamo partite noi.
Probabilmente in Italia siamo più interessati a emergere come individui, come se non riuscissimo a staccarci dalla cultura del “genio solitario” secondo la quale è importante stabilire sempre chi ha fatto che cosa. Molto spesso, invece, al termine di un lavoro di collaborazione quello che emerge è un prodotto unitario in cui l’attribuzione del merito – così come delle responsabilità – viene equamente distribuita.
Ci piace sempre ribadire che a volte, addirittura, non ci ricordiamo neanche chi delle tre aveva proposto una determinata resa, o un titolo, o una nuova idea da inserire all’interno del nostro progetto. Insomma, fino ad oggi, siamo sempre riuscite a tirare fuori il meglio dal nostro modo di lavorare: per noi traduzione collaborativa significa confronto, arricchimento, dibattito, valore aggiunto al testo e fiducia.
Per usare le parole di Anna Nadotti, tradurre insieme a una o più persone è come «viaggiare in due, ma con una valigia sola». E questo concetto, secondo noi, è anche legato al significato più profondo della traduzione letteraria e al suo compito, ovvero quello di creare un dialogo costruttivo tra due mondi, due culture, due lingue. Un legame, quindi, che presuppone sempre l’inclusione dell’altro.
Tradurre significa migrare costantemente da una parte all’altra, e da qui nasce anche il nostro nome. Cercavamo un’immagine per descrivere la traduzione, e Parole Migranti rende bene l’idea. Suggerisce il movimento, il passaggio di parole da una lingua a un’altra. Simile però a una migrazione, perché a spostarsi non sono solo le parole. I traduttori lavorano in un territorio di frontiera, e spostano mondi.

I nostri progetti

Salotto di traduzione

Se da un lato ci occupiamo di traduzione, l’altro aspetto fondamentale su cui si basa il nostro progetto è la formazione: organizziamo workshop di traduzione letteraria, sfruttando non solo la lingua in comune – l’inglese – ma anche e soprattutto le seconde lingue – russo, tedesco, francese – su cui puntiamo molto in quanto forte elemento di originalità.
Ci piace l’idea di proporre corsi pratici, dinamici, dove i nostri partecipanti abbiano la possibilità di confrontarsi con grandi esperti del settore e toccare con mano il mestiere del traduttore. Anno dopo anno siamo riuscite ad arricchire l’offerta formativa e a crearci un nostro piccolo spazio nel mercato editoriale: non è stato facile, abbiamo lavorato sodo e continuiamo a farlo, ma dobbiamo ringraziare anche tutte le persone che ci seguono e ci incoraggiano sempre! Senza l’affetto e il sostegno che riceviamo ogni giorno, il nostro progetto non sarebbe possibile.

Sappiamo che il mondo dell’editoria, a volte, spaventa molto, soprattutto quando si è ancora studenti universitari e non si sa bene da dove cominciare. Lo sappiamo perché ci siamo passate anche noi. Una volta terminati gli studi, infatti, ci si può trovare spaesati: è meglio continuare a formarsi? Specializzarsi in un settore oppure avere una panoramica più ampia? Quello editoriale è un mondo molto complicato, e come spesso spieghiamo alle tante persone che ci contattano per avere consigli, bisogna prima di tutto avere molta pazienza.
Perché i tempi sono biblici, perché spesso i traduttori alle prime armi fanno fatica a ottenere una risposta da un editore – che sia per una candidatura spontanea, per una proposta di traduzione o di collaborazione.
Non bisogna demordere, è importante continuare a formarsi e ampliare quanto più possibile le proprie attività e competenze. Questo è un consiglio che diamo agli altri ma anche a noi stesse, ogni giorno.


A questo proposito, la scorsa primavera (complice il lockdown!) abbiamo deciso di scrivere il nostro primo e-book La bussola del traduttore, una guida pratica per orientarsi nel mondo editoriale indirizzata a studenti e traduttori editoriali alle prime armi.
Quali sono i siti, le riviste e i festival da non perdere? Come si scrive la proposta di traduzione perfetta e, soprattutto, come si fa a capire a chi mandarla? Quali sono le case editrici da tenere d’occhio, e perché?
Abbiamo cercato di rispondere a queste e a molte altre domande, sperando che il nostro vademecum possa portare un po’ di chiarezza e possa guidare chi si approccia a questo mondo.

Webinar

A proposito di novità e di nuove sfide, quest’anno siamo inoltre riuscite a inserire anche due bei progetti: un webinar dal portoghese che si terrà il 21 novembre con Daniele Petruccioli e il webinar Farsi gli affari propri con Sandra Biondo il 12 dicembre, che ha come obiettivo quello di offrire una panoramica completa sulla fiscalità del traduttore editoriale, un aspetto che mancava nella nostra Bussola, e che però pensiamo sia fondamentale.

Sul nostro sito trovate tutte le iniziative e i corsi di Parole Migranti. Ma non solo! Ci sono le Letture in infusione, Playlost, i Salotti di traduzione e poi libri, libri e ancora libri. Perché in fondo il nostro lavoro non è altro che leggere con attenzione ed entrare in contatto con le parole altrui, accettando la scommessa silenziosa che il traduttore fa con l’autore. Noi la scommessa l’abbiamo accettata, e ci auguriamo sempre che il nostro lavoro possa piacere al maggior numero di lettori, perché si sa che sono sempre loro ad avere l’ultima parola.

Playlost

Articolo di Cristina, Ilaria e Martina