Una boccata d’aria – George Orwell (Recensione)

articolo di @littlereadersophia

Se tutti conosciamo libri come La fattoria degli animali e 1984, ci sono altri romanzi di Orwell che rimangono nell’ombra.
Alcuni di questi sono raccolti nel nuovo volume edito Mondadori (Oscar Draghi), sul quale si concentra il Review Party organizzato da Azzurra.

In particolare, parliamo di Una boccata d’aria, romanzo pubblicato nel 1939 che come tanti altri è capace di lasciare una immagine vivida e ironica della società che descrive.

TRAMA

 La storia segue il racconto in prima persona di George Bowling (spero non sfugga la corrispondenza del nome con quella dell’autore), un quarantenne sposato e con figli che racconta in modo molto cinico e crudo la sua vita, passando dal presente al suo passato in un piccolo paese, Lower Binfield. Il tutto con uno sguardo privo di sentimentalismo e anche apertamente critico di fronte a molte realtà che racconta, perfino la sua.

Suppongo che a quest’ora vi siate fatta di me un’idea approssimativa: grasso, di mezz’età, rosso in viso, con la dentiera

Questo romanzo, dalla trama apparentemente banale, dà in realtà all’autore la possibilità di indagare il passaggio veloce tra le due epoche e le conseguenze, anche sociali ed economiche, che il progresso introduce nel Novecento.
Sicuramente non è una storia che colpisce per la sua trama, per la vita ordinaria e banale del protagonista, ma il suo impatto risiede proprio nella capacità dell’autore di indagare e analizzare dei cambiamenti epocali della sua società mentre stavano accadendo.

LE TEMATICHE

La narrazione di George, che sembra essere quella di una vita, dall’infanzia fino alla vita adulta, ha invece un impatto molto forte rispetto a quella che è l’immagine dell’Inghilterra dell’epoca.

Non è un romanzo che ha uno sguardo positivo: d’altronde l’autore lo scrive nel 1939, in convalescenza per una ferita procuratasi durante la lotta contro il fascismo in Spagna, quando ormai i grandi regimi totalitari e comunisti dominano l’Europa e il secondo conflitto mondiale è alle porte.

In esso è già possibile vedere una tendenza ironica, che sarà riutilizzata dieci anni dopo in romanzi come 1984, ad utilizzare nomi estremamente positivi per associazioni che in realtà di positivo hanno ben poco: la sua stessa casa e tutto il quartiere in cui vive viene infatti costruito dalla “Società Credito Edilizio Radioso”, che è in realtà una truffa criminalizzata creata per controllare l’intero settore edilizio.
Allo stesso modo gli abitanti della zona non sono altro che lavoratori precari che non possono permettersi le loro stesse case, che temono di perdere il lavoro e i loro risparmi ogni giorno, portando sulle spalle allo stesso tempo la paura della guerra.

E se questa è l’immagine, per niente positiva, che viene data della contemporaneità di George, non migliore è il ricordo della sua infanzia.
George, tramite l’esperienza dei suoi genitori, racconta un altro fenomeno che all’autore sta a cuore: il capitalismo e l’industrializzazione.
Il padre di George, infatti, proprietario di una piccola bottega di paese, si troverà a competere con più grandi aziende, la cui diffusione permette di mantenere prezzi più bassi rubando il lavoro alle piccole realtà, che si ritrovano presto o tardi schiacciate o in bancarotta.

Si assiste ad un cambio strutturale, proprio del periodo storico in cui  ambientato, a cui però non tutti sono preparati e pronti ad adattarsi: è il caso dei genitori, degli anziani del paese, abituati a collegare il duro lavoro al guadagno, senza percepire il fenomeno che la nuova industrializzazione avevano cominciato a diffondere.

Tutti sapevano di dover morire — e suppongo che qualcuno sapesse di andare incontro alla bancarotta — ma in compenso tutti ignoravano che l’ordine delle cose poteva cambiare.

Questo cambiamento inaccettabile e incomprensibile risiede anche nella guerra: le nuove armi, l’apparizione degli aerei, il sempre maggiore coinvolgimento della popolazione negli scontri.
Anche il protagonista si trova ad affrontare il primo scontro mondiale e, sul finire del romanzo, si trova alle soglie del secondo.
La guerra che in realtà viene raccontata da Orwell con uno spunto ironico più che nella sua cruda violenza: viene sottolineata, invece, l’esperienza dei soldati tornati in patria dopo aver combattuto per anni in trincea che si ritrovano non solo senza alcun tipo di riconoscimento, ma anche senza un lavoro che potesse mantenerli.

E, in mezzo alla guerra e le sue conseguenze, si assiste al modificarsi radicale della società, delle stesse città arrivando a situazioni paradossali come possono essere quelle nel finale del romanzo (che non condividerò oltre per evitare eccessivi spoiler).

Non ne esce un quadro molto positivo rispetto all’Inghilterra e dei suoi abitanti, che sembrano agli occhi di George (sia personaggio che autore) incapaci di comprendere il pericolo che li circonda

Pensano che l’Inghilterra non cambierà mai, e che l’Inghilterra sia tutto il mondo. Non si accorgono che è solo un relitto, un angolino che per caso le bombe hanno perso di mira

Emblematiche di tutta la narrazione sono poi le due attività che l’autore descrive come preferite da George: la pesca e la lettura.
Il primo caso viene utilizzato in contrasto con il velocizzarsi della società, il cambiamento rapido che non permette più di concepire l’attesa e “la perdita di tempo” che un’attività del genere implica.
Dall’altra parte la lettura, che lo accompagna quando è giovane poi durante la guerra, senza mai essere davvero fonte di profonda ispirazione riflessiva quanto più un passatempo giocoso e poco impegnativo, simbolo di una educazione che non verrà mai portata a termine.

Forse la parte più debole della storia è la trama e il protagonista: nonostante ne colga la profonda e cinica ironia, non sono riuscita a trovarlo un uomo né interessante né coinvolgente.
Credo, però, che questo fosse l’obiettivo dell’autore: non di creare un’immagine eroica, non di innalzare un uomo sopra molti altri per descriverne la sua unicità, ma al contrario abbassarlo nella sua banalità, nel suo essere uno come tanti altri.
Un ragazzo cresciuto in un piccolo paese che è andato in guerra, è tornato e si è trovato un lavoro di ufficio qualsiasi, finendo per sposare una donna senza sapere davvero il perché.


Sono pochi altri i personaggi della storia: oltre alle due uniche relazioni che il protagonista intesse con Elsie e Hilda, vale la pena citare Porteous, un vecchio professore e amico di George che incarna l’immagine dell’intellettuale distaccato che riflette sugli eventi bellici in chiave filosofica, senza mai coglierne il peso sociale nell’attualità.

CONCLUSIONI

Rispetto ad altri romanzi di Orwell, Una boccata d’aria è una storia molto meno avventurosa e narrativamente interessante, ma rispecchia lo stile di Orwell sia nella scrittura, chiara e diretta, che nelle tematiche. Queste ultime sono trattate senza troppe metafore e, anzi, cercando di riportare un’immagine definita dell’epoca nella quale l’autore stesso stava vivendo.
La sua capacità profetica trova in quest’opera i suoi albori e, sebbene non lo ritenga uno dei romanzi più coinvolgenti dell’autore, con le sue 200 pagine è un buon libro da recuperare per comprendere in chiave molto più diretta le sue posizioni e l’atmosfera di un’epoca così complessa come è stato il primo Novecento.

Se Orwell è un autore che avete già letto in parte o che tenete in wishlist da anni, vi consiglio non solo di recuperare il nuovo volume di Oscarvault, caratterizzato da molte grafiche e immagini, ma di leggere anche gli articoli scritti dalle altre ragazze del review party, Azzurra, Alessandra, Debora e Regina

E voi, lettori, avete mai letto qualcosa di Orwell? E qualche suo libro oltre i più famosi?
Fatecelo sapere in un commento!

Articolo scritto da Sophia