Articolo di @ambrarondelli
Uno dei messaggi che ricevo più spesso online ha questo contenuto:
“Ciao, Ambra. Io amo la letteratura e vorrei fare quello che fai tu, mi spieghi come si diventa editor freelance?”.
La risposta, ahimè, non è semplice. Come altri mestieri (vedi il grafico, il web designer, il consulente di comunicazione, ecc.), anche l’editor freelance è un lavoro che non ha delle tappe obbligatorie. Niente “laurea per forza in + 2 anni di apprendistato in + esame di abilitazione in”.
Partiamo da un’evidenza: ci sono lauree che ti avvicinano al mondo editoriale e lauree che non ti avvicinano.
Se hai studiato Lettere, gli editori ti considereranno maggiormente rispetto a studenti con una laurea di altro genere, tuttavia non è questo l’unico percorso preso in considerazione. Infatti, se ti fai un giro tra i curriculum di editor e redattori, liberi professionisti o dipendenti, scoprirai che hanno percorsi diversi, spesso iniziati molto lontano dal settore dove sono ora. Il motivo è presto detto: l’editing è competenza, tecnica e pratica.
Essere un bravo editor (o un bravo redattore) è qualcosa che si impara sul campo; e le università spesso non preparano abbastanza o per nulla al lavoro pratico di chi si occupa dei testi degli altri.

Quindi, di base, la tua bravura come editor si vedrà nel momento in cui comincerai a lavorare sui manoscritti e a dimostrare le tue doti, che non saranno solo – come molti pensano – la capacità di saper correggere la grammatica e l’ortografia di un testo (per quanto sia necessario saperlo fare), ma riguarderanno vari aspetti collegati sia strettamente alla revisione strutturale-narrativa sia, con uno sguardo più ampio, alla tua organizzazione, creatività, capacità di coordinarti e al tuo modo di relazionarti con gli autori.
In questo articolo trovi:
– Editor dipendente vs editor freelance
– Come presentarti alle aziende
– Come presentarti ai privati
– Editor freelance per scelta o per obbligo?
Editor dipendente vs Editor freelance
L’editor dipendente, com’è facile intuire, lavora per una casa editrice, la quale lo ha assunto tramite regolare contratto (si spera) e gli chiede di occuparsi, per un tot di ore al giorno, solo delle pubblicazioni che usciranno per lei. A questo punto va fatta un’ulteriore distinzione tra editor che lavora per un piccolo editore e editor che lavora per un grande editore:
a) L’editor all’interno di una piccola-media redazione si occupa di lavorare sui testi degli autori che dovranno essere pubblicati dalla sua casa editrice. Per “lavorare sui testi” si intende accompagnare lo scrittore nella modificazione di elementi narrativi e stilistici che non funzionano, per esempio: se c’è da aggiungere o eliminare delle scene; se ci sono dei personaggi da approfondire; delle descrizioni ambientali da inserire; dei dialoghi da migliorare; o ancora, se ci sono frasi tortuose e involute da asciugare, metafore incoerenti o poco calzanti, ecc.
Una volta concluso l’editing, se la casa editrice è di medie dimensioni, il testo passerà ai redattori/correttori di bozze che faranno un lavoro certosino di caccia all’errore di battitura, al doppio spazio, all’apostrofo andato perduto e omologheranno la forma del testo alle regole redazionali dell’editore. Se invece la casa editrice è piccola, è probabile che l’editor si occuperà anche della correzione di bozze.
A volte – quando la casa editrice media o piccola è particolarmente intraprendente – l’editor cura anche dei progetti editoriali dall’inizio alla fine.
b) L’editor all’interno di una grande casa editrice devi invece immaginarlo come una figura di coordinamento. I grandi editori oggi, infatti, esternalizzano sempre di più il lavoro, e non è raro che un service editoriale si occupi dell’editing di un testo che uscirà per Mondadori, i freelance lavoreranno poi alle correzioni di bozze, intanto che un’altra agenzia si occupa della copertina, e l’impaginatore (anche lui freelance) è pronto per mettere tutto insieme prima di inviarlo al tipografo. L’editor dipendente della grande casa editrice dovrà quindi occuparsi di organizzare e armonizzare il lavoro delle varie agenzie editoriali e dei freelance, e controllare che ogni passaggio venga svolto bene e nei tempi prestabiliti perché il prodotto libro sia pronto per la data di uscita.
Nel frattempo l’editor crea dei prodotti editoriali da immettere sul mercato; mantiene i contatti con l’editore inglese, francese o di altra nazionalità da cui la casa editrice italiana ha comprato i diritti per utilizzare quel dato universo narrativo e crearci altri prodotti; sente la sezione commerciale rispetto a un argomento di cui gli serve sapere dettagli; ecc.
Oltre a tutto questo, prima del “visto si stampi”, l’editor dà un’ultima occhiata alle bozze e all’impaginazione, ma è l’ultimo supervisore di un lavoro svolto perlopiù da altri. Insomma, il lavoro vero e proprio sul testo c’è, ma è solo una piccola parte di un lavoro di coordinamento molto più impegnativo.
Questo è il ruolo di un editor “semplice” in una grande casa editrice. Esiste poi l’editor di collana, colui che sceglie quali titoli pubblicare all’interno della sua collana (ma è un altro paio di maniche, non perdiamoci).

L’editor freelance è invece un libero professionista, vuol dire che non è legato a nessuna azienda in particolare – casa editrice o service editoriale che sia – ma può essere chiamato da chiunque e scegliere con quali clienti lavorare. Il suo lavoro è quasi nella totalità dei casi “a servizio” cioè chiede la cifra X per svolgere un determinato lavoro indipendentemente da quante ore ci impiegherà per concluderlo (chiaramente sta all’editor proporre una cifra che sia consona alle ore che sa ci vorranno per fare quel lavoro).
I servizi che più spesso vengono chiesti all’editor freelance sono:
- Scheda di valutazione: l’editor legge un manoscritto e redige un documento tecnico su di esso. Se prepara la scheda per una casa editrice sarà concisa e dovrà presentare, oltre ai dati generali del testo, un breve riassunto della trama e un commento con la propria valutazione professionale sull’opera. Si presta, in questo caso, particolare attenzione alle possibilità commerciali del testo. Quindi si comunica se un’opera si può accostare a un best seller del momento, se affronta temi di attualità spinosi che potrebbero farlo diventare un caso o perlomeno aiuterebbero a sponsorizzarlo con più efficacia, ecc. Questa scheda arriverà in mano all’editore o all’editor di collana che deciderà se vale la pena leggere tutto il manoscritto perché potenzialmente interessante e pubblicabile o se lasciar perdere.
Se la scheda viene redatta, invece, per l’autore stesso del manoscritto, si concentrerà soprattutto sui punti di forza e di debolezza della narrazione, mirando a essere utile, dettagliata e chiara per lo scrittore. Lo scopo è di permettergli una revisione autonoma dei problemi. - Editing: si tratta di un lavoro di revisione puntuale del testo. Come detto prima per l’editor dipendente, si guarda a tutti gli elementi narrativi e stilistici del romanzo/saggio (struttura, trama, personaggi, ambientazione, coerenza, stile, forma, ecc.) e si accompagna l’autore a un miglioramento dei difetti riscontrati con più giri di bozze.
- Correzione di bozze: molti editor lavorano anche come correttori di bozze, cioè controllano gli errori ortografici e grammaticali del testo (esempi: una lettera digitata male, un verbo coniugato in modo sbagliato, quattro puntini di sospensione anziché tre, un plurale dove andrebbe il singolare, un accento grave al posto di quello acuto, una desinenza maschile dove andrebbe quella femminile, una virgoletta di dialogo aperta a cui manca la gemella di chiusura, la maiuscola quando non serve, ecc.) e, se la correzione di bozze è richiesta da un editore, fanno sempre attenzione e riferimento alle norme redazionali di quella casa editrice. Come puoi immaginare, quando da libero professionista lavori magari nello stesso mese con quattro editori diversi, ognuno con il proprio normario, è particolarmente importante mantenere alta la concentrazione su quello che si fa.
- Ghost-writing: hai presente i libri di calciatori, cantanti, influencer, personaggi famosi a vario titolo, ma anche professionisti in diversi rami che pur essendo dei geni nel loro campo non saprebbero mettere la acca al posto giusto neanche se ne valesse del loro considerevole patrimonio? Ecco, in quel caso, spesso dietro c’è un editor o uno scrittore che fa quattro chiacchiere con il personaggio in questione e poi scrive il libro al posto suo. Il ghost-writer a volte viene scelto dal personaggio stesso, a volte è indicato dall’editore con cui il personaggio ha già il contratto di pubblicazione. Non tutti gli editor lavorano come ghost-writer, anzi, molti impallidiscono al solo pensiero; però alcuni sì.
- Consulenza: questo servizio riguarda tutto il possibile e l’immaginabile. Quando un autore o un’agenzia editoriale o un editore ha bisogno di un parere professionale su un determinato argomento in cui l’editor è competente, paga una cifra e chiede una consulenza.
Bene, ora che hai le idee più chiare su cosa sia un editor e cosa faccia a seconda della realtà in cui si trova, veniamo alla domanda di inizio articolo: come si diventa editor freelance?
Diventare editor freelance
Per incamminarsi verso la professione di editor freelance abbiamo visto che non c’è un percorso univoco, bisogna aver studiato – come minimo – narratologia, letteratura, editoria, grammatica, ortografia, sintassi, ecc. e poi è necessario avere un po’ di esperienza.
Esperienza che si può aver accumulato attraverso corsi, stage o lavorando su testi di autori che ti hanno fatto da cavia.
A questo punto ovviamente sei ancora inesperto, ma puoi iniziare a guardarti attorno per capire come fare della tua passione, a cui ti sei dedicato anima e corpo per anni (vero?), un lavoro.
Il primo passo è trovare clienti. Per clienti si intende qualcuno che sia disposto a pagarti per i servizi che offri.
In questo caso specifico hai due tipologie di clienti possibili, li divideremo genericamente in: aziende, quindi case editrici, agenzie editoriali o altri editor professionisti che avendo più esperienza di te magari hanno molti lavori e si fanno affiancare da un collaboratore; e soggetti privati, cioè autori alla ricerca di un editor.
Spesso gli editor freelance lavorano con entrambi i tipi di clienti, a volte scelgono o si trovano per via delle circostanze a lavorare con uno solo dei due.
Come presentarti alle aziende per iniziare una collaborazione se hai poca o nessuna esperienza?
Spesso ricevo richieste di persone che vorrebbero iniziare una collaborazione e, poiché mi è capitato anche di cercare attivamente collaboratori (per me e per altri), so subito cosa salta all’occhio.

Errori da evitare:
- Iniziare un’e-mail con un’intestazione generica come “Gentile redazione” o “Buongiorno” (senza alcun nome); in generale è sconsigliato non specificare chi sia la persona a cui ti stai rivolgendo.
Qual è il problema di un incipit di questo tipo? Che chi ti legge dall’altra parte capisce benissimo che si tratta di una lettera standard che tu hai prima preparato e poi copia-incollato probabilmente a cento indirizzi diversi. In modo tale che, con zero impegno, potesse andare bene per tutti. Ora, io lo so che effettivamente hai il diritto di cercare lavoro ovunque tu voglia e di inviare un’e-mail contemporaneamente a cento aziende, ma di certo mi farebbe piacere sapere che la persona che si sta offrendo per collaborare con me sappia chi sono e cosa faccio. Se penso: “Questa persona non mi segue, non sa come lavoro, con chi, non sa come mi pongo, non sa nulla di me ma mi scrive solo perché ha cercato nel vasto mondo di Google tutti gli indirizzi che potessero essergli utili per chiedere un lavoro”, be’ non mi incoraggi a prenderti in considerazione.
Particolarmente strano è quando a me arrivano e-mail che iniziano con “Gentile redazione”, quale redazione? Io sono una libera professionista, non una casa editrice.
Tra l’altro, più è piccola la realtà con cui ti relazioni, più ci tiene ad avere collaboratori che la conoscano bene perché il suo lavoro si basa proprio sulla sua personalità, su ciò che la caratterizza e differenzia dagli altri. Tutti aspetti che un buon collaboratore deve tenere presente. In generale, il consiglio è di personalizzare il più possibile le e-mail di richiesta di collaborazione – non solo nell’intestazione (il minimo sindacale) ma anche nel corpo della e-mail – per far comprendere che segui davvero quella persona/azienda e sei interessato a lavorare con lei. Una buona norma sarebbe effettivamente seguirli per un po’ (perlomeno sui social) e capire cosa fanno e come, prima di offrirti per un lavoro. - Essere troppo brevi o troppo lunghi. Un’e-mail del tipo “Buongiorno, sono Mario, sto cercando lavoro come editor, allego curriculum. Arrivederci” dà l’idea che tu ti sia sforzato poco per farti prendere in considerazione; e un’e-mail lunghissima in cui racconti la storia della tua vita, dettagli superflui compresi, rischia di sembrare una perdita di tempo per un’e-mail di primo contatto dove chi ti legge vuole solo capire cosa desideri da lui.
- Essere poco gentili. La gentilezza e la buona educazione sembrano dettagli di poco conto ma spesso sono tutto, specie per e-mail dove manca la componente di vedersi dal vivo e conoscersi. Un consiglio che spassionatamente ti do è il seguente: se invii un’e-mail a un’azienda per iniziare una collaborazione e questa ti rifiuta, rispondi all’e-mail di rifiuto, ringrazia comunque per l’attenzione e precisa che rimani a disposizione se servisse in futuro. Spesso se una casa editrice o un’agenzia editoriale ti rifiuta è perché al momento è al completo; ma nel magico mondo del lavoro le collaborazioni finiscono in fretta e anche se oggi non hanno bisogno, magari tra tre mesi lo avranno. Capisco l’irritazione di non essere stati scelti, però se non ti prendi nemmeno la briga di rispondere a un’e-mail perché ti è stato detto di no, difficilmente – anche in caso si sia alla ricerca di un nuovo collaboratore – tu sarai la prima scelta.
Cosa invece ti fa prendere più in considerazione da un’azienda?
Partiamo da un’esternazione banale ma obbligatoria: la cosa in assoluto migliore sarebbe che tu fossi davvero capace di fare il lavoro di cui hanno bisogno. Se sei bravo, veloce, attento, preciso, responsabile, ecc. questo conterà più di qualsiasi altro elemento. Se lo puoi dimostrare (tramite una prova) o hai un’esperienza di qualche tipo che aiuta a crederci, non c’è nulla di meglio.

Però qui vagliamo la possibilità che tu ti stia presentando a una casa editrice o a un’agenzia senza avere esperienza quindi vediamo cos’altro puoi fare. Come detto, indubbiamente avere un titolo di studio come una laurea in Lettere o qualcosa di simile è un punto in più sul tabellone, ma spesso non basta. Considera che un’azienda che riceve il tuo curriculum non sa nulla di te e una laurea in Lettere le dice poco di più. Invece presentare uno o addirittura più progetti personali creati da te è sicuramente un vantaggio. Un esempio di progetto personale può essere: un sito che parla di letteratura, un blog o un profilo social in cui recensisci libri, un saggio che hai voluto scrivere su un argomento (editoriale/narrativo) che ti sta particolarmente a cuore, un canale YouTube in cui tratti argomenti correlati alla letteratura, la fondazione di una rivista letteraria dove selezioni e editi racconti, ecc. mostra: a) intraprendenza, b) la costanza del tuo desiderio di occuparti di libri e editoria (non è qualcosa che hai deciso ieri di fare e oggi mandi e-mail per cercare un lavoro nel settore), c) che sei in grado di impegnarti per lungo tempo su un lavoro, d) che hai cercato di farti un minimo di esperienza.
Inoltre permette all’azienda, che non ti conosce, di farsi un’idea di come ragioni e come ti poni semplicemente con un click. E non è cosa da poco. Certo, scrivere una recensione non è come scrivere una scheda di valutazione e men che mai come fare un editing, ma intanto dà delle coordinate generali delle tue capacità. Perché tu puoi esserti laureato in Lettere, ma magari non sai spiegarti in modo accettabile. Sia perché puoi comunque esprimerti in modo confuso o addirittura illogico; sia perché miri a essere oscuro e contorto di proposito per fare la figura del grande esperto. E in entrambi i casi, io – come azienda – leggendoti lo so e posso decidere se voglio un collaboratore che scrive così o no, che parla così o no, che si pone così o no.
Ovviamente l’obiettivo in cui speriamo è proprio l’opposto: cioè che l’azienda spulciando il tuo sito, guardando i tuoi social, leggendo le tue recensioni si faccia l’idea che hai ottime capacità di analisi e sai spiegarti in modo eccellente, oltre a porti sempre con umiltà e cortesia con i tuoi interlocutori.
L’altra possibilità per risaltare rispetto alla marea di curriculum è, come già accennato, aver frequentato corsi o master: entrambi, se presenti nel curriculum, dicono all’azienda che ti sei impegnato ad avere almeno un’infarinatura del lavoro pratico che poi dovrai fare. Non sei completamente a digiuno di esperienza, e questo è un bene; poi però sarà da vedere quanto ti hanno effettivamente insegnato.
Alcuni di questi corsi e master permettono di avere contatti con persone che lavorano già nel mondo editoriale e, in linea teorica, è un vantaggio perché queste possono proporti o avvisarti quando qualche azienda che conoscono cerca collaboratori; ma non farei un corso solo per i contatti, è più o meno quello che fanno tutti con la conseguenza che rimangono delusi se hanno speso migliaia di euro per non trovare posto in una redazione o venire salutati subito dopo il periodo di stage.
Come presentarti ai soggetti privati per proporti come editor se hai poca o nessuna esperienza?

Sono tre i tipi di autori con cui puoi lavorare come editor: autori già pubblicati che vogliono far leggere a un editor l’ultimo loro testo per migliorarlo prima di inviarlo alla casa editrice; autori inediti desiderosi di migliorare il loro manoscritto prima di proporlo alle case editrici con il proposito di arrivare alla pubblicazione; autori intenzionati ad auto-pubblicarsi. Chiunque sia la persona che vuoi raggiungere, secondo me ci sono solo due modi per arrivare agli autori: farsi conoscere attraverso sito e social, quindi produrre contenuti e una relazione di valore che vengano apprezzati dagli autori, i quali poi ti chiederanno un servizio sul loro testo; e il passaparola, per cui se lavori bene con i tuoi autori e loro sono soddisfatti del tuo lavoro, ti consiglieranno ad altri autori e questi ti scriveranno perché si fideranno dell’opinione della persona che conoscono.
Sono in realtà due facce della stessa medaglia: le persone per fidarsi di te devono poter toccare con mano che sei bravo, sai fare il tuo lavoro, sai di cosa parli. E possono capirlo solo imparando a conoscerti grazie a ciò che condividi oppure se qualcuno che ha già lavorato con te dice loro che sei competente.
Dunque? Inizia a farti conoscere, produci contenuti, crea progetti tuoi personali; puoi farlo sia online che offline, ma al momento l’online ha una potenza che difficilmente può essere eguagliata.
Cerca di farti una piccola esperienza, frequenta forum e gruppi per scrittori, offriti per schede e editing e – anche se lo fai per un prezzo basso o addirittura gratis perché sei agli inizi e ti manca l’esperienza – impegnati tantissimo affinché l’autore sia soddisfatto e parli bene di te.
Editor freelance per scelta o per obbligo?

Qui entro in un discorso difficile, ma che secondo me va almeno accennato. Essere freelance, avere la tanto temuta partita Iva, può essere magnifico come terribile. Tanti editor, correttori di bozze, impaginatori (ma anche grafici, traduttori e social media manager) aprono partita Iva non perché siano convinti di voler fare i freelance, ma perché sono obbligati dalle circostanze. Le case editrici, come abbiamo già detto, esternalizzano sempre più il lavoro verso service editoriali e freelance, quindi i dipendenti interni alle redazioni con un contratto indeterminato o determinato sono sempre meno. Questo spinge le persone ad aprire partita Iva per svolgere il lavoro che vogliono fare – appunto: l’editing, la traduzione, la grafica – da esterni, poiché non riescono a farsi assumere. La situazione esiste ed è complicata, ma l’unico consiglio che mi sento di dare è di NON aprire partita Iva se non ti senti un libero professionista. Se quello che desideri in realtà è il contratto con lo stipendio fisso, le ferie e i permessi, il risultato sarà quasi sicuramente un elevato grado di stress e frustrazione. Essere freelance significa essere liberi, liberi nella scelta di cosa fare e con chi (se un cliente non ti piace puoi scegliere di non lavorarci) e liberi, però, anche da certezze, si convive con l’indeterminatezza del futuro. Per alcuni – e io faccio parte di questi – non c’è niente di meglio di questa libertà, per altri è l’inferno. Dipende dal temperamento, dall’indole, dai desideri e gli obiettivi di vita che una persona ha. Tutte le aspirazioni sono legittime, sia che desideri diventare freelance e decidere ogni giorno come gestire il tuo tempo e il tuo lavoro, sia che tu voglia avere un orario di lavoro fisso e un capo con cui confrontarti. Non c’è niente di sbagliato. Ma posso solo raccomandarti di essere onesto con te stesso perché l’intraprendenza, la capacità di organizzarsi, la forza di reggere stress e richieste su più fronti può essere sfinente per chi dal principio non voleva questa modalità di lavoro.
Viceversa, c’è chi come me nasce freelance, ha sempre in mente mille progetti, ama poter scegliere a cosa dedicarsi, vuole poter dire di no a qualcosa che non è nelle sue corde e preferisce collaborare con cento persone diverse piuttosto che pensarsi chiuso in una redazione per anni insieme alle stesse tre persone con cui magari non si sente in sintonia dal primo giorno. Se rientri in questo caso, decisamente la partita Iva fa per te.
Infine, l’unico augurio, anzi, l’unica promessa che possa farti è questa: se diventerai editor freelance dovrai sempre continuare a studiare, a prepararti; dovrai imparare le regole auree e poi imparare ad allontanartene, a riconoscere le eccezioni, a farti le domande giuste, a non fare delle tue intenzioni le intenzioni dell’autore. Ricorda che ogni testo è un mondo a sé e deve essere valutato tenendo conto della sua unicità. Il resto si può sempre assimilare in un secondo momento, con la pratica, ma il rispetto per le opere degli altri su cui dovrai lavorare devi avercelo da subito, da prima ancora di iniziare a leggere, da ora.
articolo di Ambra.
Ambra Rondinelli è un’editor freelance che lavora con passione e competenza per aziende e autori privati con lo scopo di valutare e migliorare i testi degli altri. Su Instragam e YouTube offre molti spunti di riflessione sul mestiere di scrivere e informazioni sul mondo dell’editoria

Tutte le foto sono state prese da Unsplash
Articolo molto interessante e ben fatto. Sicuramente diventare un editor freelance non è per niente facile e richiede un certo impegno e costanza. Ottimo articolo.
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