Meglio il libro o il film? 5 titoli per riflettere

Articolo di @lostpaloma

L’universo di Bookstagram è grande. Un intero regno in cui spaziare, esplorare, scoprire titoli, saggiare opinioni. Bookstagram è il mio mondo, anche se con qualche piccola aggiunta (un poco come un pizzico di cannella che non guasta mai).
Io non sono stata da sempre una lettrice. Niente storia strappalacrime di come abbia sfiorato un testo annusandone le pagine da bambina, scoprendo magari come Matilda di “Matilda 6 mitica” quanto leggere fosse la mia cosa preferita al mondo. Nessun naso immerso in fogli polverosi, nessun libro trafugato da qualche libreria, nessuna gioia nello stringere un libro al petto nell’attesa di immergermi nella storia.
No. Il mio rapporto con i libri è partito in modo conflittuale come una costrizione, come qualcosa imposta a scuola, una cosa atroce per una ragazzina che amava guardare i film al di sopra di ogni cosa.
Ma poi accadde qualcosa: un film mi avvicinò davvero ai libri, ovvero Pagemaster.

In questa pellicola del 1994 un bambino di nome Richard Tyler rimane bloccato per coincidenze misteriose in una biblioteca: questo è l’innesco per un viaggio straordinario nella fantasia, e in particolare nelle storie raccontate nei libri. Ne rimasi talmente affascinata che volevo sperimentare lo stesso: viaggiare con i libri, unire alle immagini della celluloide quelle che potevo crearmi da sola, e fu allora che posso dire di essere diventata una “lettrice”.

Su bookstagram i libri dominano (lo dice anche il nome in fondo), ma esiste una piccola categoria di persone che come me ha seguito la via inversa per la lettura. Oggi, in questo articolo, vorrei parlarvi di quei film che mi hanno resa anche una lettrice, perché non importa come si arrivi ad appassionarsi alla lettura o al cinema o ai telefilm o a qualunque altra cosa: la passione ha così tante strade che selezionarne una sola sarebbe decisamente riduttivo.

Harry Potter

Harry Potter e la Pietra filosofale è stato il mio biglietto di ingresso sull’Hogwarts Express diretto verso la serie di libri della Rowling.
Il Natale dopo una duplice visione al cinema della prima pellicola della saga, i miei mi regalarono la prima edizione di tutti e sette i libri della Rowling e passai dei mesi immersa nella magia di Hogwarts, riuscendo ad associare ai volti dei protagonisti quelli degli attori che tanto avevo ammirato sullo schermo.
Da cinefila accanita ho trovato decisamente calzanti le scelte dei protagonisti sulla pellicola, ma soprattutto i luoghi magici dei libri di Harry Potter avevano già una forma definita nella mia mente grazie ai film e i libri non fecero altro che aggiungere dettagli, spunti, immagini.
Ad oggi trovo che non tutti i film della saga rendano giustizia al mondo creato dalla Rowling, ma ciò che rimane intatta è l’atmosfera magica che si respira in egual modo tra le pagine.
Quel pomeriggio al cinema mi diede modo di capire come potessi davvero fare una scorpacciata delle atmosfere che avevo percepito in sala rifugiandomi tra i libri della Rowling, senza dover aspettare l’uscita di un nuovo film. Ero una bambina davvero felice!

N.B: Tutto il team di Little Readers si dissocia dalle posizioni transfobiche della Rowling: riconoscendo il ruolo di questa serie nella vita di molti, non condividiamo i commenti che ha negli ultimi anni portato sui social, che contrastano con i valori in cui il team crede.

La Fabbrica di Cioccolato

La pellicola diretta da Tim Burton nel 2005 fu la prima ad introdurmi nel fantastico mondo di Charlie e la Fabbrica di Cioccolato, dove Willy Wonka crea dolci di ogni tipo e tavolette che custodiscono un biglietto d’oro per cinque bambini fortunati. Ebbene, mentre probabilmente quasi ogni bambino conosceva l’esistenza del libro di Roal Dahl, io rimasi talmente incantata dal suo mondo filtrato dalla mente di Burton, e non solo recuperai la prima versione del film del 1971, la mia preferita, ma lessi anche il libro.


Tutti conosciamo la storia del piccolo Charlie e di come abbia avuto l’occasione della vita trovandosi a vincere uno dei biglietti d’oro per visitare la Fabbrica di Cioccolato, concorrendo per il premio finale. La bellezza della narrazione su celluloide sta nel fatto che la dolcezza di Charlie, la sua ingenuità, la sua purezza di animo e di intenti, ai tempi mi fecero sentire meno sciocca, sola, incompresa. Come recita anche la prima parte del film di Burton:

“Questa è una storia di un ragazzino normale chiamato Charlie Bucket. Non era né più veloce né più forte o più intelligente rispetto ad altri bambini. La sua famiglia non era ricca o potente o ben connesso. Infatti avevano a malapena abbastanza da mangiare. Charlie Bucket era il ragazzo più fortunato del mondo. Non lo sapeva ancora.”

Insomma, l’essere “speciale” di Charlie corrisponde all’essere semplicemente chi è: una fortuna. Un messaggio decisamente potente che si tratti di libro o film.

IT

Ebbene mi ritrovai un pomeriggio a vedere la miniserie del 1990 It basata su uno dei romanzi più iconici di Stephen King. Avevo dodici anni e mi resi conto che non riuscivo a staccarmi dallo schermo, nonostante Pennywise nella versione di Tim Curry mi avrebbe perseguitato dando origine al disagio che provo ad avere davanti un clown.
Anni dopo, in procinto dell’uscita al cinema della nuova versione della storia diretta da Andrès Muschietti, ho deciso di leggere finalmente il libro.

King è il mio scrittore preferito, e lo dico con una convinzione dettata dal fatto che mi basta una sua storia per avere un enorme senso di conforto, sentendomi a “casa” (seppur piena di mostri e orrori, ma quasi mai quelli che ci si aspetterebbe). Secondo me la connessione tra film e libro, in questo caso specifico, è una di quelle meglio riuscite nella storia delle trasposizioni dei romanzi del Re.
Si sa infatti quanto King e Kubrik ebbero una diatriba dovuta alle visioni contrastanti dei due. Ancora oggi King reputa la pellicola del regista di 2001 Odissea nello spazio e Arancia Meccanica, come qualcosa di completamente distaccata dalla sua opera.

Con It di Muschietti vi poteva essere il rischio di banalizzare alcune tematiche, ridurre alcune parti a favore di quelle più spaventose (adatte al genere horror), ma il regista ha saputo lavorare con un volume di 1000 pagine e passa sfornando ben due film, cogliendo i punti salienti e significativi della narrazione su carta, giocando con jump scares e sperimentazione estetica, restituendo la profondità dei protagonisti nell’età giovanile e in quella adulta.
E se allora non avessi ancora letto il romanzo, sarei tornata di corsa a casa per poterlo leggere.

Dracula

uno dei romanzi gotici per eccellenza, e il testo che ha veicolato la figura del vampiro nelle folle, rendendolo iconico. La trasposizione cinematografico più nota è di certo quella di Coppola con un indimenticabile Gary Oldman nei panni del Conte, e una giovane Winona Rider come Mina Harker. Io sono arrivata a leggere il libro solo l’anno scorso, scoprendo con mia grande sorpresa quanto le due storie siano diverse.

Nel film di Coppola la storia d’amore tra il Conte (che ha attraversato “gli oceani del tempo” per ritrovare il suo amore perduto) e Mina è forse una delle parti che più mi catturò da ragazzina.
In fondo per quanto non fossi una grande amante delle storie d’amore fini a loro stesse, era decisamente il tipo di amore struggente e impossibile di cui ancora oggi mi piace leggere, o vedere sullo schermo. Nel libro tutto ciò non esiste. Un dettaglio che piuttosto che deludermi mi ha permesso anche di rivalutare un altro personaggio, ovvero Lucy, poiché mentre nel film era stata al limite della mia sopportazione, tra le pagine è ritratta come una creatura arguta, dolce, delicata.
L’ho persino preferita a Mina, a dirla tutta, ma è stato molto interessante capire come Coppola abbia tirato fuori degli stratagemmi per tenere più spettatori avvinti allo schermo. In fondo se davvero avesse voluto seguire il libro avrebbe dovuto ritrarre il conte come “occhi rossi” e “nebbia”, poiché la bellezza di Dracula sta nel non essere davvero “consistente” nel romanzo, ma presente ovunque.
E dunque ancora più spaventoso.
Il film mi ha spinta a voler recuperare il libro per le atmosfere profondamente gotiche e decadenti. Ne volevo di più e l’ho avuto (anche se i vampiri non mi bastano mai).

V for Vendetta

Una delle pellicole che annovero tra le mie preferite, una delle interpretazioni in cui ho più apprezzato Natalie Portman, e anche una delle mie prime cotte a “viso coperto” perché di V non vediamo altro che una maschera bianca, la rappresentazione della importanza degli ideali e delle idee, indipendente da chi se ne faccia portatore. In un futuro distopico si è tornati alle persecuzioni dell’epoca nazista, in una Londra immersa nella paura, dove la Rivoluzione diventa il fulcro della narrazione. Una storia che a distanza di tempo ancora mi emoziona molto, che rivedo con piacere sul vecchio lettore DVD, e che mi ha condotto a esplorare per la prima volta il genere della “graphic novel”.


Perché V per Vendetta mi ha anche fatto scoprire la bravura di Alan Moore di cui ho successivamente recuperato anche Watchmen (ovviamente dopo aver preso prima visione del film).
Restituire con immagini la liricità ed intensità della lettera di Valerie, le rose Scarlet Carson, il testamento di una generazione di esseri umani torturati ed eliminati solo per essere nati “diversi” da un ordine prestabilito.
Riuscire a vedere la storia attraverso le pagine del fumetto, ampliarla persino con dialoghi che nel film non sono presenti, mi ha permesso di apprezzare ancora di più l’opera di Moore che ovviamente vi consiglio.

Avrei potuto allungare ancora la lista, ma credo che questi titoli siano i più significativi per la mia storia di spettatrice/lettrice.
Cinema e libri sono le mie due ancore, le passioni che vivono di pari passi una di fianco all’altra, e il passo successivo è stato leggere saggi o testi sulla cinematografia, su come una storia possa essere raccontata con diversi mezzi di comunicazione donando sensazioni diverse.
Intrattenendo ed arricchendo in modi diversi ma cumulabili per una esperienza completa, a mio parere.

Ed ora voi: siete lettori/spettatori o viceversa? A quello schieramento appartenete?

Articolo di Anna Elisa