Articolo di @stroppy_reader
Che cos’è la lettura per me?
Aprire la copertina di un libro è come spalancare una porta su un nuovo mondo, su un nuovo universo, su un modo sempre nuovo di narrare una storia.
Leggere per me significa proprio evadere dalla frenesia della vita quotidiana. Accettando il patto narrativo con lo scrittore ci si lascia trasportare dalle sue parole per scoprire i personaggi, l’intreccio e la storia e – così facendo – interrogarsi su sé stessi e sulla propria realtà.
Bunny è stato una scoperta, una rivelazione, un libro capace di rientrare in ben due dei miei generi preferiti: la letteratura Weird e le atmosfere Dark Academia.
L’autrice – Mona Awad, qui al suo secondo romanzo dopo l’esordio 13 modi di vedere una ragazza grassa del 2016 – mi ha catturata con la sua penna e la storia da lei narrata sin dalle prime enigmatiche pagine.
Di cosa parla?

Il romanzo, pubblicato nel 2019 e giunto in Italia l’anno successivo, è la storia di Sam detta Smackie, all’anagrafe Samantha Heather Mackey, studentessa della Warren University, nel New England, iscritta ad un esclusivissimo corso di scrittura creativa tenuto dalla professoressa Ursula Radcliffe.
Le lezioni si tengono nella Caverna, un’aula buia, senza finestre, dove la protagonista e le sue quattro compagne di corso sono tenute a leggere ad alta voce i brani che hanno recentemente composto per analizzarli e commentarli insieme.
Queste sono le Bunny: Eleanor, Caroline, Kira e Victoria. Esatto, Bunny, così si chiamano tra loro; affiatate, feroci, stronze.
Ava, responsabile del nomignolo della protagonista, è la sua unica amica, la cui vita sociale si riduce alle lezioni di tango che prendono insieme finché proprio con le Bunny non entrerà in contatto attraversando episodi disturbanti e inquietanti che porteranno a risvolti a dir poco inaspettati.
Il finale è così spiazzante che a stento è risolvibile a parole, le immagini create dall’autrice sono stilettate al cuore e alla psiche di chi vi si immerge, una conclusione degna di tutta la disturbante storia qui narrata.
Come e perché è diventato uno dei miei libri preferiti?
Letto in occasione della Gufo Readathon 2021 e divorato in due soli giorni, questo libro mi è entrato dentro, scavandosi un suo personalissimo posto nel mio cuore. La scrittura diretta, lasciata esclusivamente in mano alla solitaria protagonista, ci fa viaggiare dentro e fuori la sua mente, ci porta con lei in questa iper-selettiva università Ivy League.
Sam è una narratrice schietta, diretta, senza peli sulla lingua; mette davanti al lettore scene vivide e crude anche quando descrive gli eventi sociali a cui partecipa, eventi costellati dall’ipocrisia che viene recepita nel mondo della scrittura, in cui vi è una spietata gara del più forte. Il clima è tutt’altro che positivo, la città esterna al campus è descritta come pericolosa e disturbante, sono addirittura scomparse delle ragazze iscritte alla Warren.
L’unica (piccola) nota dolente è che i personaggi che lei incontra spesso hanno un soprannome: il Leone è il suo tutor Alan Reid, con cui ha avuto dei trascorsi il semestre precedente, la Duchessa (Eleanor), Cupcake (Caroline), Creepy Doll (Kira) e Vignette (Victoria) i soprannomi delle Bunny. Soprattutto all’inizio questo rende complesso ricordarsi dei personaggi che, successivamente, complice anche il loro esiguo numero, vengono tratteggiati in base alla loro apparenza e alle loro azioni.
Il testo, costellato qua e là di comunicazioni digitali, quali messaggi e email, è avvolto dai pensieri di Smackie che in modo spesso tagliente descrive le situazioni in cui si ritrova, inoltre, la peculiarità di queste stesse situazioni è che spesso sono totalmente spiazzanti e non sense capaci di lasciare il lettore senza parole.
La solitudine e il disagio della protagonista, vittima di un blocco dello scrittore, traspaiono dai suoi pensieri e dalle sue azioni: la svolta la abbiamo quando abbandona la sua unica amica Ava, caustica ex studentessa d’arte, per avvicinarsi alle Bunny, quelle ragazze perfette che lei dichiara di disprezzare sin dalle prime pagine con queste parole:
«La sottoscritta. Samantha Heather Mackey. Che non è una Bunny. E mai lo sarà»[1]
ritrovandosi così avvolta in una spirale di risatine, messaggini, cocktail con l’ombrellino, letture serali e creazione di ragazzi – perfetti solo nelle intenzioni delle altre Bunny – con l’intelligenza di un coniglietto, destinate a servire le loro padrone che li hanno plasmati con la forza della loro mente e con l’incentivo di sostanze alcooliche e forse pure stupefacenti nella soffitta polverosa dell’immacolata e maestosa casa della Duchessa.
In cosa consiste l’elemento Weird?
Il continuo altalenarsi dei pensieri di Smackie e degli eventi che ci presenta – filtrati attraverso il proprio caratteristico punto di vista – aggiunge un ritmo serrato che impone continui interrogativi a cui non abbiamo risposta se non a poche pagine dalla fine.
I doppelgänger[2] o doppioni di persone reali altro non sono che materializzazioni di persone reali, repliche perfette che sembrano uscire da un romanzo fantascientifico – o nella migliore delle ipotesi essere un’allucinazione – e che invece qui sono prodotti dalla forza generatrice delle loro menti concatenate tra loro.
La falsa familiarità che le Bunny adottano subito al cospetto di Samantha, ancor prima di includerla a tutti gli effetti nel loro esclusivissimo Smut Club, fa storcere il naso (come fa un coniglio) e insinua sospetti e dubbi. La adulano per la sua altezza, arrivano a realizzare un cocktail a lei dedicato, la costringono a confessare i suoi segreti, a descrivere il suo primo innamoramento, a svelare quanto accaduto con il Leone. Tutto ci lascia quell’impressione disturbante che si prova guardando una serie ideata da Ryan Murphy, sia essa Scream Queens o America Horror Story.
I flash e i blackout di Sam fanno sprofondare lentamente in una spirale velocissima e onirica che le fa perdere il contatto con il reale, come immersi in una nebbia che svela solo piccolissime parti di verità lasciando un alone di mistero ad ogni pagina. Persa nei loro perversi giochi mentali, Sam arriva a pensare:
«Mi dispiace, cazzo, mi dispiace di ritenermi così dannatamente interessante, quando è chiaro che non lo sono affatto. Ecco che cosa sono, invece: una noiosa assassina di alberi»[3]
con una feroce autocritica con elementi palesemente distruttivi. Il risveglio dopo uno di questi pesanti hangover viene così nitidamente descritto:
«Mi volto verso una finestra che si affaccia su delle foglie d’oro e verdi. Sono invasa da una pace inspiegabile. Osservo gli eventi della sera prima da un’altezza notevole, come da una nuvola. Osservo anche che il letto non è né troppo duro né troppo morbido. È perfetto. Perfetto. Riccioli d’Oro potrebbe stabilirsi qui per sempre. E masturbarsi. La immagino che, senza alcuna vergogna, si masturba in questo letto mentre i Tre Orsi la stanno a guardare. Con gli occhietti ridotti a due fessure li sta sfidando a farla smettere. Loro sono troppo educati per dire qualcosa. Rido, pensando alla scena. Ah. Ahahah. Il piumino profuma di detersivo costoso, sa di pini veri, cazzo. Potrei rimanere qui per sempre. Il mio è un letto di muschio»[4].
Dove rintracciamo la componente Dark Academia?
L’ambientazione cupa che ritroviamo nelle lezioni, nel corpo docenti e negli studenti della Warren University, fondata nel 1775, rientra perfettamente in questo tipo di estetica. Questo è uno dei motivi principali che mi hanno avvicinata al volume di Awad.
Le atmosfere fortemente chiaroscurate, le soffitte polverose, le antiche magioni con grifoni di pietra ai cancelli ben si sposano con il clima nevoso e rigido del New England in cui sono ambientati tantissimi romanzi del genere.
«Il profumo dolce della strada viene guastato da una nota di marciume. Da uno splendido albero lì vicino cadono le foglie, che conto. Una. Due. Tre»[5].
Non manca neppure il laghetto con le anatre[6] e i cigni la cui panchina sotto gli alberi autunnali è uno dei rifugi preferiti della nostra protagonista, un nido esteticamente godibile in cui si nasconde in cerca dell’ispirazione che, tormentandola, latita.
Un altro dettaglio che ho amato profondamente è che trattandosi di una Facoltà di Narrativa non mancano le citazioni a grandi opere letterarie, opere che trasmettono proprio quella fascinazione di oscuro mistero: Lovecraft, Byron, Keats, de Sade, Brontë, Ovidio, Ondaatje, Duras…
Se amate Dio di Illusioni, La Nona Casa, Jane Eyre, The Raven Boys, Il Cardellino, L’Abbazia di Northanger non potrete non apprezzare questo romanzo, ha tutti gli ingredienti per un cocktail inebriante e esplosivo.
Cosa mi lascia quest’opera?
Nelle 352 pagine mi sono persa nel flusso di coscienza e mi sono ritrovata alla fine, spiazzata, boccheggiante e senza parole. Questa recensione – se così vogliamo veramente chiamarla – è frutto di giorni e settimane di riflessioni e ripensamenti, in cui sono tornata sulla vicenda di Sam in molteplici battute. Sia durante la rapidissima prima lettura che nel corso della seconda, necessaria per ricomporre le mie idee un po’ sparse sul libro, non ho potuto fare a meno di tempestarmi con tantissime domande.
Per esempio, dove l’autrice vuole andare a parare? Come finirà Sam, già ampiamente vessata dalla solitudine, dal blocco dello scrittore e dalle cattive compagnie? I conigli che disagio ci vogliono trasmettere? Scoprirò mai quello avvenuto tra la protagonista e il Leone? Dov’è sparita Ava?
Non rimangono solo interrogativi che, a dire il vero, vengono risolti già al termine del romanzo ma resta una sensazione di disagio e di tormento, tutte le scene strane e inspiegabili che vengono qui evocate ritornano ancora oggi nella mia mente e non mancano di riportarmi nell’atmosfera che permea queste pagine.
Un’atmosfera sempre più cupa e tormentata, grigia, oscura e infine nera, costellata da morbidi coniglietti a zonzo per la poco raccomandabile città di Warren e da servi immaginari disposti ad esaudire ogni capriccio delle loro bizzarre e immaginifiche creatrici.
Ma è davvero tutto qui? Lascio a voi la lettura (o la rilettura) e la responsabilità di fornire una risposta.
[1] p. 10.
[2] Una citazione alla serie tv The Vampire Diaries? Può darsi visti i numerosi riferimenti a opere cult come Buffy l’Ammazzavampiri, Cthulhu di Howard Phillips Lovecraft, Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, solo per citarne alcuni.
[3] p. 72.
[4] p. 113.
[5] p. 36.
[6] Holden sei tu?
Articolo scritto da Elisa
