Non ce la faccio più a vivere questa recita, dentro questo recinto dove vince chi si sorprende di meno, a prendere per buone le scoperte fatte da altri.
Ho quindici giorni di tempo, tanta strada da fare.
A ottobre è tornato nelle librerie Daniele Mencarelli con il suo nuovo libro, Sempre tornare.

Già conosciuto ed elogiato per il suo precedente romanzo, Tutto chiede salvezza, che ha vinto il premio strega giovani 2020, si ripresenta con una nuova storia, una nuova avventura capace di catturare nella sua ordinaria straordinarietà.
Ho ricevuto il libro in omaggio dalla casa editrice Mondadori e mi sono trovata a leggerlo immediatamente, pronta per buttarmi tra le parole di un autore che mi aveva già conquistata.
Mencarelli riesce sempre a raccontare qualcosa di sé, a mettere il suo io nei libri che scrive e allo stesso tempo parlare chiaramente con chi lo ascolta, farlo sentire capito e rappresentato.
Non si smentisce neanche con questo romanzo, Sempre tornare, in cui racconta la storia di Daniele, un diciassettenne che decide – dopo una serata in discoteca finita male – di abbandonare l’idea di un viaggio con gli amici e tornare verso Roma in autostop.
Le tappe sono tante e le persone che gli vengono in aiuto, che decidono di fermarsi di fronte al suo sorriso, sono molto diverse tra loro ma hanno un elemento comune: permettono a Daniele di vedere le città e i paesi che attraversa con occhi nuovi, dandogli allo stesso tempo la possibilità di giudicare i suoi accompagnatori e scoprire quanto si era sbagliato su di loro.
Questo è uno dei messaggi che io ho estratto dal libro: per conoscere una persona non basta una vita, figurarsi un giro in macchina.
Eppure Daniele, proprio a causa del suo essere estraneo, diventa un ascoltatore perfetto di segreti, vite sgretolate e sofferenti, di speranze e gentilezze dietro sguardi che si erano prima mostrati solo duri.
Daniele ha una possibilità unica: vivere questo viaggio non più da solo ma con altri, altri che non conosce e di cui non sa niente. E questi altri gli permettono di avere uno sguardo sul mondo che non poteva avere prima, gli permettono di leggere nelle loro la sua e di vedere come le famiglie si costruiscono e spezzano di fronte alle difficoltà.
Daniele cita spesso suo padre, sua madre, i suoi fratelli e il loro modo di vivere e per la prima volta ha la possibilità di confrontarsi con altre dinamiche di vita: c’è chi ha perso la madre, chi vive solo con i suoi fidati animali, c’è chi ricorda il suo passato con cimeli che invadono le stanze, chi non vede la sorella da anni anche se vivono nella stessa città.
Incontra spesso la religione, in tante sfaccettature diverse, e lui stesso si trova a parlare con Dio per chiedergli favori, per chiedere aiuto o anche solo per avere un destinatario dei suoi monologhi
Non farmi vivere di passato, senza un grammo di presente, incapace di cogliere il dolore degli altri, semplicemente perché imprigionato dentro al mio. Non farmi essere sicuro di tutto, come lo è lui, non per esperienza, ma solo per presunzione, dall’alto di una vita ridotta a ricordo.
Ma non sono solo le persone che sbalordiscono Daniele: anche le città, i piccoli paesi che attraversa hanno un loro splendore, una loro patina di unicità che lo meraviglia. Viaggiare da solo per Daniele vuol dire anche quello, vedere luoghi che non avrebbe mai visto, fermarsi e ripartire senza vincoli predefiniti.
Il viaggio di Daniele è un viaggio unico, perché chiunque attraversando le stesse città non incontrerebbe le stesse persone, vivrebbe gli stessi luoghi con i suoi stessi occhi, rifletterebbe sulla propria vita nello stesso modo.
Eppure, paradossalmente, il viaggio di Daniele è il viaggio di tutti: è il percorso che presto o tardi tutti facciamo negli altri, alla scoperta dell’io che non è unico e solo ma è parte di qualcosa, bella o brutta che sia. Il percorso che ci permette di vedere il futuro, non solo come lo crea la nostra mente, ma come lo realizza la vita per gli altri, facendo favori e scagliando dolori senza che gli uomini possano fare altro che provare a sopravvivere.
È una scoperta dolorosa, che Daniele Mencarelli descrive magistralmente, lasciando al lettore la possibilità di conoscere scorci di vita e imparare da essi o, come spesso accade, dimenticarli.

Anche lo stile di Mencarelli riesce a trasportare nella storia, con la sua scorrevolezza e dinamicità che lascia sempre spazio a momenti di riflessione, pause in cui il mondo sembra fermarsi per dare il tempo a chi lo vive di osservarlo.
Se ho amato indiscutibilmente Tutto chiede salvezza, per la sua capacità di parlare alla mia anima, non posso fare a meno che apprezzare anche questo nuovo romanzo, perfetto per tutti coloro che amano viaggiare col corpo e con la mente, che hanno voglia di fermarsi a riflettere con il protagonista sul mondo e sulla vita, intrecciandosi con una esperienza che non gli appartiene eppure è anche loro.
Il mio corpo intero è attraversato da una gratitudine che vorrebbe urlare, strapparsi di dosso i vestiti, abbracciare ogni cosa visibile e invisibile.
Quanta bellezza mi è venuta incontro, incarnata dentro luoghi e volti.
Questo viaggio è la scoperta di una terra. Il mio Paese.
Riprendo a camminare.
Al massimo del mio sentire.
Come il più vivo dei vivi.
Insomma, un libro che ho molto apprezzato e che ora potete leggere anche voi: trovate il libro in tutte le librerie dal 5 ottobre.
Se la mia recensione vi ha lasciato qualche dubbio, non vi resta che andare nei blog di Eleonore (qui il link) e Chiare (qui il link) per leggere anche quello che ne hanno pensato loro.