Il primo istinto di Vanessa fu di fuggire. Scappare prima che Alicia potesse finire di parlare e far finta che quanto le aveva appena detto non fosse reale.
Ma Alicia era troppo vicina e le sue parole troppo sconvolgenti perché lei riuscisse a muovere anche solo un piede. Per questo rimase ferma ad osservarla mentre il sorriso della ragazza si illuminava.
“Cosa hai detto?” sussurrò, sperando che nessuno le stesse ascoltando.
Alicia fece un passo indietro, ma prima che Vanessa potesse tirare un sospiro di sollievo intrecciò un braccio al suo e cominciò a camminare. Da fuori dovevano sembrare due amiche dirette a lezione, ma Vanessa dubitava che la sua espressione potesse accordarsi a quella immagine.
Anche Alicia sembrò accorgersene, perché rise allegramente e le batté una mano sul braccio intrecciato al suo. “Non fare quella faccia, sembra che tu abbia visto un fantasma.”
Il passato vale come fantasma? Le avrebbe voluto chiedere Vanessa, ma non si sentiva propensa a fare delle battute, anche perché sapeva di aver già dato un vantaggio ad Alicia con la sua reazione.
Ora la ragazza sapeva per certo che c’era qualcosa da nascondere.
Vanessa di schiarì la gola prima di chiedere: “Di quale segreto stai parlando?”
“Perché? Ce n’è più di uno? Non ti facevo una ragazza così misteriosa” disse Alicia stringendole il braccio.
Vanessa si divincolò e quando Alicia lasciò la presa si allontanò dalla ragazza. “Smettila di prendermi in giro. Che cosa ti hanno detto?”
Il sorriso di Alicia non sembrò toccato dal tono sprezzante di Vanessa. “Non mi hanno detto niente, l’ho scoperto da sola. Un privilegio di avere degli avvocati come genitori. Non è stato difficile trovare il tuo fascicolo.”
“Non… non è legale una cosa simile.”
“Non è legale nemmeno ferire le persone, se ben ricordo.”
Vanessa impallidì, ma tenne la testa alta e ripeté le parole che le erano state dette tante volte senza che lei ci credesse mai. “È stato un incidente.”
“Oh anche il mio chiaramente, non l’ho mica cercato di proposito” rispose Alicia. Il suo tono era eccessivamente ferito, ma i suoi occhi continuarono a brillare. Tutta quella situazione sembrava essere particolarmente divertente per lei.
“Cosa vuoi?” chiese Vanessa, cercando di utilizzare il tono diplomatico che aveva sentito tante volte da Tamara. Era lei quella che gestiva i conflitti nel suo gruppo di amiche. Vanessa aveva sempre avuto il compito di crearne il meno possibile.
“Ci sarà una festa questo fine settimana. Perché non vieni?” domandò Alicia invece di risponderle.
“Una festa?”
“Sì, a casa mia. Una delle tante che facciamo per aprire l’anno. Mi farebbe molto piacere se ti andasse di partecipare. A meno che tu” sussurrò, avvicinandosi lentamente al suo orecchio, “non sia ancora in grado di controllarti.”
Vanessa non incrociò il suo sguardo, temendo che Alicia potesse leggerci la paura a cui lei aveva appena dato voce. Sarebbe stata in grado di andare ad una festa dopo quello che era successo all’ultima a cui aveva partecipato?
A quando pare non aveva molta scelta, però, perché Alicia aggiunse: “Ovviamente non sei obbligata a venire. Sono sicura che gli altri saranno comprensivi quando gli spiegherò il motivo per cui odi le feste. Pensaci su, d’accordo?”
Prima che potesse trovare qualcosa da dire per rispondere ad Alicia, la ragazza si allontanò. Vanessa ebbe di nuovo la sensazione di essere un giocattolo di cui il proprietario ha perso l’interesse.
Quando un altro ragazzo rischiò di sbatterle contro Vanessa si spostò contro un muro, solo per accorgersi che Alicia l’aveva accompagnata proprio davanti all’aula in cui aveva lezione.
Rifiutandosi di pensare a come Alicia aveva scoperto le lezioni che frequentava entrò nell’aula proprio mentre la professoressa annunciava l’inizio della lezione.
Le pagine di appunti che Vanessa era riuscita a scrivere sul suo quaderno erano opera della sua mano, ma non della sua mente. Quest’ultima, infatti, aveva passato tutta l’ora di lezione a mostrarle a ripetizione lo scambio che di poco prima, tormentandola con le parole che Alicia aveva pronunciato e tutte quelle che erano rimaste implicite.
Qualcuno l’aveva minacciata? Una studentessa qualsiasi che non conosceva nemmeno così bene era davvero andata da lei per minacciarla?
Quando era diventata una persona contro cui avere qualcosa? A dieci anni era corsa in lacrime da sua madre ad ammettere che Sara l’aveva convinta a prendere di nascosto dei biscotti appena sfornati. Quando aveva provato a organizzare una festa a sorpresa Tamara l’aveva beccata prima ancora che riuscisse a stilare la lista degli invitati.
E adesso non solo aveva un segreto, ma uno che sperava potesse semplicemente sparire, volatilizzarsi nell’aria per sempre.
Questa è la terribile logica dei segreti: che restano pensieri, oppure diventano zavorre. Che muoio dentro di te, oppure rimangono una trappola sempre pronta a scattare. Sono incontrollabili, ingestibili, tanto potenti quanto imprevedibili. Se il Caos avesse mai avuto una forma, sarebbe stata quella di labbra che sussurrano a un orecchio, di promesse condivise, di momenti che qualcuno sperava fossero celati ad occhi altrui. Il Caos deve essere nato quando il primo segreto ha cambiato la sua forma da pensiero ad azione.
Vanessa avrebbe voluto poterlo dimenticare, ma quel segreto non era più suo. Quel segreto non lo sarebbe mai stato, non importa quanto lontano fosse andata.
Alla fine chiuse il quaderno prima che la professoressa smettesse di parlare e aspettò con ansia che dichiarasse conclusa la lezione per uscire dall’aula che diventava ogni secondo più soffocante.
Fuori dall’edificio riuscì a trovare una panchina vuota dove sedersi. Tirò fuori il telefono dallo zaino e scrollò nella galleria vuota per qualche minuto per fingersi impegnata mentre riprendeva fiato. Quando sullo schermo apparve il nome di Gideon, Vanessa respirò profondamente prima di rispondere.
“Pronto?”
“È successo qualcosa?”
“No” replicò immediatamente Vanessa, cercando di essere più convincente di quanto si sentiva, “Perché?”
“Perché sono davanti alla tua aula, ma non ci sei.”
“Oh, no io… sono uscita, avevo bisogno di prendere un po’ d’aria.”
“Se mi mandi una foto di quello che vedi ti raggiungo. Oppure tu e Jensen preferivate mangiare per conto vostro?”
Vanessa si era completamente dimenticata di Kye e della proposta che gli aveva fatto Eric poche ore prima. “Non so cosa voglia fare Kye per pranzo. Adesso le scrivo.”
“Mandami la foto” concluse Gideon prima di chiudere la chiamata.
Vanessa fece una foto agli alberi e gli studenti che vedeva davanti a sé, sperando che Gideon riuscisse a capire la sua posizione.
Poi aprì la chat per mandare un messaggio a Kye e si rese conto di aver già tre messaggi che non aveva visto.
K: Sei arrivata a lezione sana e salva?
K: ?
K: Mi scrivi un messaggio appena leggi? Inizio a preoccuparmi.
I messaggi erano arrivati con venti minuti di distanza uno dall’altro, ma dopo l’incontro con Alicia si era completamente dimenticata di scriverle.
Proprio in quel momento sentì la voce di Gideon che la chiamava al suo fianco e si voltò sorpresa. Il ragazzo teneva il telefono appoggiato tra l’orecchio e la spalla, le mani occupate ad accendere una sigaretta.
Le fece un cenno con il capo, poi fu distratto dal telefono. “Si, l’ho trovata. Non lo sa ancora, hai scritto a Jensen?” chiese Gideon rivolgendosi a lei e quando Vanessa scosse la testa tornò a parlare con Eric. “Cosa vuoi fare?”
Gideon ascoltò Eric per qualche secondo, poi rispose in fretta prima di mettere accendino e telefono nella tasca del giubbotto.
“Eric ci raggiunge nel parco vicino al campo sportivo. Se vuoi scriverlo a Kye lei sa di sicuro dov’è. Cosa vuoi mangiare?”
Vanessa scrollò le spalle mentre scriveva rapida un messaggio a Kye.
V: Scusa se non ti ho risposto prima! Mi sono persa e sono arrivata tardi a lezione. Andiamo a mangiare nel parco vicino al campo sportivo se vuoi unirti a noi.
Quando vide che Kye non rispondeva mise via il telefono e si concentrò su Gideon, che stava fumando al suo fianco mentre scriveva qualcosa sul telefono.
Vanessa si concesse un minuto per osservare il ragazzo fermo davanti a lei. I capelli argentati erano curati al punto da rendere le radici scure appena visibili e nonostante non fosse possibile definirlo pallido era chiaro che non era un ragazzo che amava abbronzarsi al sole.
Se in altezza dovevano essere quasi uguali, Gideon però aveva un corpo molto meno atletico di quello di Eric: le sue braccia erano più sottili e le mani affusolate che facevano pensare più a un pianista che a uno sportivo.
L’altra grande differenza che Vanessa aveva notato era il modo in cui interagiva con le persone intorno a lui: come il giorno prima, anche in quel momento Gideon non sembrava interessato a parlare con le persone che passavano di fianco a loro, anche se Vanessa si rese conto che più di una si era voltata nella sua direzione, come indecisa se fermarsi o meno.
Vanessa si chiese come riusciva a stare intorno a Eric se attirava così tante attenzioni, ma prima che potesse chiederglielo Gideon alzò lo sguardo su di lei, come accorgendosi che la stava osservando.
“Andiamo?” chiese e, quando Vanessa annuì, le fece cenno di seguirla.
Per un po’ camminarono in silenzio. Una parte di lei era tentata di raccontare a Gideon quanto era successo con Alicia, ma non era sicuro di cosa sarebbe successo in quel caso. Per questo preferì cercare un altro argomento di cui parlare.
Eric le sembrava quello più sicuro e distante da lei, perciò chiese: “Come mai Eric è così… famoso? Sembra che tutti lo conoscano.”
“Lo conoscono tutti. O almeno tutti quelli che sono cresciuti qui. Suo padre è stato sindaco di Omaville qualche anno fa. È stato il primo sindaco della città a non essere un risvegliato e la cosa fece parecchio scalpore all’epoca. Durante le elezioni e tutto il mandato Eric è stato l’emblema del figlio modello: era a tutti gli incontri, le manifestazioni, le cene di beneficenza, lo trovavi a qualsiasi evento fosse organizzato in città. E mentre frequentava il liceo è stato anche il capitano della squadra di basket.” Gideon fece una pausa mentre si accendeva un’altra sigaretta, poi aggiunse: “Era alto, biondo, bello, ricco, intelligente, atletico, gentile… lo è ancora in realtà, per questo continua ad essere così popolare. Forse è un po’ meno atletico di allora, ma per il resto le persone lo vedono ancora come il perfetto e bellissimo figlio del sindaco.”
“E voi quando vi siete incontrati?” chiese Vanessa, mentre cercava di assorbire tutte le informazioni che le aveva appena offerto Gideon.
L’espressione di Gideon si trasformò in un incrocio tra un sorriso triste e una smorfia. “Quando la maschera da ragazzo perfetto e bellissimo ha iniziato a screpolarsi.”
“Non capisco.”
Gideon fece un tiro più profondo dei precedenti e bruciò l’ultimo pezzo di sigaretta prima di buttarla in una dei cestini sulla strada. Poi si voltò verso Vanessa e la guardò dritta negli occhi prima di aggiungere: “La storia del figlio modello la conoscono tutti. Ma se vuoi sapere qualcosa che riguarda davvero Eric, allora è meglio se chiedi a lui. Non è la mia storia da raccontare.”
Vanessa annuì e lasciò che Gideon la guidasse verso una zona del campus che non aveva mai visto. Il campo da calcio e gli spalti erano quasi interamente vuoti, fatta eccezione per pochi studenti sparpagliati qua e là a chiacchierare.
Gideon si diresse verso una zona più riservata, che doveva essere utilizzata come area picnic durante le partite o altri eventi ma che in quel momento era completamente vuota, forse anche per la sua distanza dal campus centrale.
Dopo aver scelto un tavolo a caso ed essersi seduti, Vanessa tirò fuori il telefono per controllare se fosse arrivato qualche messaggio da Kye.
“Non mi ha ancora risposto” fece sapere a Gideon quando video lo schermo vuoto.
“Forse ha da fare. Oppure non ha voglia di mangiare con noi” concluse Gideon indifferente.
Vanessa avrebbe voluto chiedergli se Kye odiasse davvero così tanto farsi vedere con loro, ma prima che potesse parlare vide la ragazza camminare nella loro direzione, i capelli corvini mossi al vento e lo sguardo impassibile come il primo giorno che l’aveva incontrata.
Vanessa si stupì di notare la differenza da quella mattina: mentre erano al diner, Kye le era sembrata amichevole, divertita persino. In quel momento sembrava essere diretta a una lezione che avrebbe volentieri saltato.
Quando raggiunse il tavolo fece un cenno a Gideon, poi si sedette al fianco di Vanessa. “Ho visto Eric poco fa, qualcuno lo ha fermato per chiedergli qualcosa vicino alla mensa.”
Gideon annuì e tirò fuori il telefono dalla tasca. Lo portò all’orecchio, ma non disse niente anche quando la conversazione partì. Vanessa sentì la voce di Eric dall’altra parte, ma non riuscì a capire quello che stava dicendo.
Alla fine Gideon disse “Datti una mossa” prima di riattaccare il telefono e rimetterlo in tasca.
Non sopportando di rimanere in silenzio Vanessa chiese a Kye se la lezione della mattina era andata bene e se aveva continuata a lavorare sul saggio che stava scrivendo.
Per un po’ parlarono delle lezioni, con qualche breve intervento di Gideon che divideva la sua attenzione tra la conversazione e il libro che aveva tirato fuori. Kye dal canto suo sembrava meno loquace e Vanessa si chiese se per caso non fosse la presenza di Gideon a metterla a disagio.
Ad un certo punto il ragazzo si voltò indietro e Vanessa vide Eric che camminava nella loro direzione in fretta, sbracciandosi come se temesse che non riuscissero a vederlo.
Quando li raggiunse appoggiò un sacchetto pieno sul tavolo e sorrise a tutti, poi si rivolse a Kye sorridendo. “Sei venuta! Sappi che grazie a te ho appena vinto una scommessa contro Gideon, potrei abbracciarti solo per questo!”
Kye cercò di trattenere una smorfia. “Passo.”
Eric non sembrò particolarmente offeso da quella risposta e scrollò le spalle. “Possiamo comunque dividerci il premio. Vanny, Gideon mi ha detto di scegliere qualcosa da mangiare quindi ho preso un po’ di tutto, scegli pure quello che vuoi.”
Il cibo che tirò fuori dalla sporta era decisamente troppo per il loro piccolo gruppo, contando che Kye aveva con sé un porta pranzo abbinato al thermos che aveva già con sé il giorno prima.
Gideon afferrò una delle due insalate che Eric aveva comprato ed estrasse una bottiglia di energy drink dalla sua tracolla.
Eric lo guardò con disappunto prima di dire piccato: “Ti avevo preso dell’acqua da bere.”
“L’acqua non è un energy drink.”
“Per questo dovresti berla” concluse Eric, prima di aggiungere con un’espressione schifata “e poi non fanno schifo insieme?”
“C’è un solo modo per scoprirlo” rispose Gideon, allungandogli la lattina.
Eric scosse la testa disgustato e afferrò uno dei panini confezionati che aveva portato. Vanessa ne afferrò a caso un altro e cominciò a mangiare.
Con Eric presente era più facile mantenere una conversazione, anche se la maggior parte del tempo furono Vanessa ed Eric a parlare. Gideon e Kye intervenivano raramente, il primo per punzecchiare Eric e la seconda per fare qualche domanda su quanto stavano dicendo.
Ad un certo punto Eric aprì un altro dei panini che aveva comprato, ma dopo il primo boccone fece una smorfia e chiuse il coperchio per leggere l’etichetta. “A volte mi chiedo se non cerchino di avvelenarci con questa roba. Pollo e salsa rosa con broccoli, ma che roba è?”
“Sono panini preconfezionati, Eric, pensavi di mangiare qualcosa di stellato?”
“Chiaramente no, ma se non cercassero di fare i sofisticati con gli ingredienti gliene sarei grato.”
“Se leggessi le cose prima di comprarle, eviteresti di mangiare panini senza senso” replicò Gideon, che gli passò una delle due insalate e lo guardò finché Eric non si decise ad aprirla.
Eric lo guardò male mentre prendeva la prima forchettata, poi mandò giù il boccone e aggiunse: “Ci ho messo una vita a trovare la tua insalata e a quel punto mi avevano già fermato due ragazzi del consiglio studentesco. Se mi fossi pure messo a leggere tutte le etichette sarei arrivato per cena.”
“Forse dovresti portarti il cibo da casa, risparmieresti soldi e conversazioni inutili” suggerì Kye.
Il suo pranzo sembrava decisamente più invitante, il riso bianco e le verdure chiaramente fatte in casa da qualcuno abile ai fornelli.
“Ogni tanto lo faccio” disse Eric tra una forchettata e l’altra.
Gideon lo guardò divertito. “Ogni tanto Matthew prepara il cibo per se stesso e tu lo costringi a farne una porzione anche per te.”
“È quello che ho detto” rispose Eric facendogli la linguaccia. Poi sembrò ricordarsi qualcosa e di voltò verso Vanessa. “A proposito di cibo, di solito io e Matt andiamo a fare la spesa ogni venerdì, puoi unirti a noi se vuoi o scrivere nella lista sopra il frigo cosa ti piace così possiamo comprarlo. Alla fine dividiamo tutte le cose in comune e ognuno paga la sua parte per gli acquisti più specifici. Ah e una volta a settimana cuciniamo il piatto preferito di ogni coinquilino, quindi inizia a scegliere il tuo, ma sappi che pizza e Mac&Cheese sono già presi.”
“A me va bene qualsiasi cosa in realtà, non ho un piatto preferito. Basta che ci siano dei cereali” disse Vanessa prima di addentare l’ultimo pezzo del suo panino.
“Si ma non puoi vivere di soli cereali” replicò Eric con un tono che sfiorava l’offeso.
Vanessa scrollò le spalle. A casa sua vigeva una sola regola: quello che è in tavola si mangia. Che fosse a casa dei suoi genitori o a quella di amici, aveva sempre mangiato quello che le veniva servito senza lamentarsi. Che le piacesse o meno non era mai stato rilevante. Anche i ristoranti erano sempre stati competenza di altri. Lei era sempre stata la ragazza “a me va bene tutto” e fino a quel momento le era sembrata la sua caratteristica migliore.
Eric sembrava pensarla diversamente, però, perché insistette: “Non puoi non avere un piatto preferito!”
“I cereali sono il mio piatto preferito” tentò allora Vanessa, sperando così di chiudere la conversazione.
“I cereali non sono un piatto! Intendo qualcosa di più complesso, un tipo di pizza o un tipo di sugo. Non lo so, qualcosa che non mangi tutti i giorni ma che ti rende felice quando lo mangi. Gideon dille qualcosa anche tu!”
“Cosa devo dirle? Il mio piatto preferito è la Red Bull.”
“Il tuo piatto preferito sono i cinnamon rolls con le fragole. Non ci provare nemmeno a fare il duro perché non attacca, proprio per niente.”
Gideon fece una smorfia, forse scontento che Eric avesse rivelato un’informazione simile, ma alla fine aggiunse: “Te la stai prendendo troppo per una cosa simile. Se Vanny dice che il suo piatto preferito sono i cereali, cereali siano.”
La risposta di Gideon sembrò frustrare Eric più di quanto non avesse fatto l’intera conversazione. Continuò a guarda il ragazzo al suo fianco, che intanto aveva ricominciato a mangiare la sua insalata, poi si voltò verso Vanessa e chiede: “Davvero i cereali sono il tuo piatto preferito? Davvero davvero?”
“Io…” Vanessa tentò di dire, ma le parole le morirono in bocca. Deglutì un paio di volte prima di continuare: “Io non ho mai cucinato niente in vita mia. A parte forse dei muffin per qualche festa. E non ho mai avuto un piatto preferito a parte i cereali. Di solito erano l’unica cosa su cui si poteva variare un po’ a casa mia. Per il resto mia madre comprava sempre le stesse dieci cose e noi… Noi mangiavamo quelle, punto. Non saprei neanche come fare la spesa, cosa comprare per cucinare un pranzo. Non credo di riuscire a riconoscere nemmeno metà delle verdure nel portapranzo di Kye e so per certo che non dovrebbe essere così, okay? Lo so e mi sento incredibilmente stupida e viziata, ma in questo preciso momento non ci posso fare niente. E smettetela di guardarmi” concluse Vanessa, giocherellando con il contenitore ormai vuoto.
Per un po’ nessuno parlò e Vanessa quasi sobbalzò quando sentì la voce di Kye che diceva: “Neanche io sapevo come cucinare all’inizio. Mi ci sono volute settimane per capire come usare bene le padelle e mesi per provare qualcosa di diverso da un piatto di pasta e qualche verdura.”
“Io sono passato da una cucina stellata a uova strapazzate ogni giorno” aggiunse Eric. Quando Vanessa alzò lo sguardo lui le sorrise incoraggiante. “Per fortuna è arrivato Matthew o sarei morto da avvelenamento da uova. Chissà se si può morire per le troppe uova mangiate.”
“Se non lo sai tu che studi medicina” disse Gideon, guadagnandosi una spallata da parte di Eric. Ormai anche lui aveva finito l’insalata e aveva incrociato le braccia sul tavolo. Mentre giocava con uno degli anelli che portava al dito guardò Vanessa dritta negli occhi e la sua espressione si fece più decisa. “Non sarà tutto facile subito, Vanny. Questo non vuol dire che non sarà mai facile.”
“Giusto,” intervenne Eric, “e non devi pensare di dover fare tutto da sola. Se vuoi possiamo fare la lista insieme le prime volte. Matthew ha scritto tutte le nostre ricette preferite su un file, se vuoi puoi dargli un’occhiata così possiamo decidere insieme quali provare prima. Poi, comunque, non ci vuole niente a fare una corsa al supermercato se ti venisse qualche voglia improvvisa.”
“Come una voglia improvvisa di gelato alle due del mattino perché la protagonista della serie che stai guardando lo sta mangiando dopo una rottura” replicò Gideon, solo per ottenere un’altra spinta da parte di Eric.
“Era un segreto! Lo hai detto solo per punirmi per la storia dei cinnamon rolls” disse Eric, con un tono fintamente offeso.
Gideon non negò né confermo e i due di misero a battibeccare e si fermarono solo quando Kye fece notare che doveva andare a lezione. Si alzarono tutti insieme e dopo aver buttato i resti del pranzo nei cestini più vicini si avviarono verso l’università.
Eric e Gideon avevano in programma di andare in biblioteca a studiare, mentre Vanessa stava ancora cercando di capire dove si tenesse la sua lezione successiva, nonostante Kye si fosse offerta di accompagnarla.
Proprio in quel momento, mentre passavano di fianco alla mensa, una voce limpida arrivò alle loro orecchie. “Eric! Ti ho cercato in mensa ma i tuoi amichetti hanno detto che li hai abbandonati oggi. Allora non lo fai solo con noi!”
Vanessa cercò di nascondere qualsiasi tipo di reazione, ma lo sguardo interrogativo che Kye le lanciò le fece capire che aveva fallito.
“Alicia” rispose Eric sorridendo, anche se il suo tono non era più quello allegro che aveva utilizzato durante tutto il pranzo. “Di cosa avevi bisogno?”
“Oh, niente di speciale” disse, scendendo le poche scale che li separavano. “Volevo solo ricordati della festa di questo fine settimana. Ormai è la seconda a cui mi dai buca, inizio a crede di non starti simpatica!”
In quel contesto, in mezzo a tutte le persone che vorticavano intorno alla mensa e che si erano più o meno palesemente fermate ad ascoltare, quella frase era una sfida. Era un modo per mettere Eric alle strette.
Eric doveva saperlo, eppure il suo sorriso non vacillò. Più visibile fu la reazione di Gideon, che si irrigidì al fianco di Eric.
Fino a quel momento il modo in cui Eric e Gideon camminavano uno a fianco all’altro le era sempre sembrato spontaneo, naturale come due fiori diversi cresciuti nello stesso giardino.
Ma ora la presenza di Gideon era diventata quasi ingombrante, come se il ragazzo si fosse allargato per attirare le attenzioni su di lui e fare da scudo ad Eric.
In qualsiasi altra situazione, Vanessa avrebbe osservato tutti i gesti dei due, per capirne le dinamiche, per impararle, ma tutta la sua attenzione era concentrata su Alicia e sul terrore che si girasse nella sua direzione a guardarla.
Quando sentì il formicolio svegliarsi dentro di lei, dovette trattenersi dal fare un passo indietro e fuggire. Strinse forte l’interno della sua guancia e continuò a chiedere alla magia di andarsene. Non ora, non ora, non ora.
Doveva essersi persa la risposta di Eric, perché Alicia rispose con un’espressione teatralmente imbronciata. “Le mie feste sono sempre state di tuo gusto. Un po’ rumorose, te lo concedo, ma sono pure sempre feste!”
“Abbiamo già altri impegni per il weekend, Alicia, ma sono sicuro che non sentirai la nostra mancanza. All’ultima festa quante persone sono venute, duecento?” scherzò Gideon. Anche il suo tono era diverso, più colloquiale e amichevole. Era tanto perfetto per quella situazione quanto finto.
Alicia osservò Gideon con deciso disinteresse. “Con tutti gli inviti che le persone estendono senza il mio permesso il numero cresce sempre. Ma la tua assenza si sente ogni volta” concluse tornando a guardare Eric.
Quest’ultima frase sembrò toccare Eric che incassò il colpo riuscendo appena a mantenere il suo sorriso. Ma la sua voce rimase ferma e gentile quando disse: “Sono sicuro di riuscire a fare un salto. Solito orario?”
Alicia sorrise con gioia, reale o meno Vanessa non riuscì a capirlo, e strinse leggermente il braccio di Eric. “Sapevo che ti avrei convinto! Gli altri saranno felici di saperlo. E sai che puoi venire quando vuoi, casa mia è sempre aperta per me.” Poi, proprio come Vanessa aveva temuto dal momento in cui l’avevano incontrata, Alicia si voltò verso di lei con un sorriso altrettanto smagliante e aggiunse: “Ovviamente devi venire anche tu, Vanny! Sarà la tua prima festa a Omaville, ti meriti solo il meglio!”
Vanessa sapeva di dover dire qualcosa. Sarebbe bastato un sì, anche poco entusiasta. Ma la sua bocca era incapace di produrre alcun suono, nonostante tutti gli occhi che a quel punto sapeva di avere addosso.
Una spalla toccò la sua e Vanessa registrò appena che doveva appartenere a Kye. Alicia non la degnò nemmeno di uno sguardo, ma con sorpresa Vanessa si rese conto che la ragazza non stava liquidando Kye perché poco interessante, ma evitava attivamente il suo sguardo, come temendo di incrociarlo. Non era indietreggiata, ma era la cosa più vicina che Vanessa le avesse mai visto fare.
Anche se fosse stata solo una percezione di Vanessa, fu sufficiente da allontanare la presenza soffocante e invisibile di Alicia.
Senza attendere ulteriormente una risposta, Alicia salutò Eric e ricordò di vestirsi casual ma elegante prima di dirigersi verso il suo gruppo di amiche.
Nessuno disse una parola fino a quando Alicia non scomparve dentro l’edificio principale, ma anche in quel momento tutta l’attenzione di Gideon era rivolta a Eric. Vanessa evitò lo sguardo interrogativo di Kye che sentiva penetrarle nella testa e si concentrò invece sulla conversazione dei due ragazzi.
“Cosa vuoi fare?” chiese Gideon. Mise una mano in tasca per tirare fuori qualcosa, ma all’ultimo secondo ci ripensò e incrociò le braccia davanti a sé.
“Non importa quello che voglio fare, Gid. Dovrò andare a quella festa e sperare che finisca prima dell’alba.”
“Sarà un inferno.”
“Non sei obbligato a venire.”
“A volte dimentico quanto sei bravo a dire cazzate” rispose Gideon e anche se il suo tono era tornato quello di prima Vanessa riconobbe una nota di fastidio piuttosto evidente. “Ma tu non sei obbligata a venire, Vanny. Sono sicuro che non se la prenderà se mancherai.”
“Ci penserò,” disse Vanessa cercando di mantenere un’espressione neutrale, “ma prima devo sopravvivere a questa settimana di lezioni.”
Se il tentativo di cambiare argomento era fallito nessuno dei due ragazzi lo fece notare. Quando i due ragazzi si avviarono nella direzione opposta diretti alla biblioteca, Kye e Vanessa rimasero sole.
“Andiamo?” chiese Vanessa cominciando a muoversi verso l’edificio principale. Sentiva ancora lo sguardo di Kye su di sé, ma sperava che la ragazza si arrendesse senza chiederle niente.
Invece fecero solo qualche passo prima che Kye si fermasse davanti a lei, bloccandole il passaggio. “Cos’è successo con Alicia?”
“Cosa? Niente!”
“La tua faccia prima diceva tutt’altro.”
Vanessa cercò qualcosa da dire che potesse sembrare credibile. “Non è niente, davvero. Eric e Gideon mi hanno spiegato quali sono i suoi poteri e io… ecco mi sono spaventata, tutto qui.”
Kye la osservò in silenzio e sul suo volto apparve un’espressione che Vanessa non le aveva mai visto prima. Sembrava triste e allo stesso tempo furiosa, ma come se nessuna delle due emozioni riuscisse ad arrivare a compiersi davvero. “Te lo ha mai detto qualcuno che non sai mentire? Perché non sai fare. Per niente. E io odio che le persone mi mentano.”
“Non ti sto mentendo!” replicò Vanessa, ma anche a lei era chiara la bugia nella sua voce.
“Sì invece. Se non ti fidi di me lo capisco, ma non mentire guardandomi negli occhi” disse, poi afferrò un elastico per i capelli e si fece una coda, con una lentezza tale da permetterle di raccogliere i suoi pensieri prima ci continuare: “Se non vuoi dirmi cosa succede non farlo, ma Alicia quando si impunta su qualcosa non molla la presa fino a quando non ha ottenuto quello che voleva. E se non dici niente a nessuno non possiamo aiutarti. Però fai quello che ti pare.”
L’ultima frase la disse di sfuggita, come se volesse minimizzare il suo stesso interesse per quella storia, come se volesse convincere Vanessa che, alla fine della giornata, sapere o meno quello che stava succedendo era irrilevante.
Vanessa rimase in silenzio, consapevole che Kye si stava voltando per andare verso la sua lezione. E una parte di lei temeva che non avrebbe più tirato fuori l’argomento, lasciandola sola a gestire la situazione. Che avrebbe evitato qualsiasi confronto pur di non sentirsi dire una bugia.
“Non so come spiegare cosa è successo” sussurrò tutto d’un fiato, attirando l’attenzione di Kye. Non aveva il coraggio di raccontarle della minaccia di quella mattina, preoccupata di rivelare più del dovuto sul suo passato, ma poteva almeno menzionare l’episodio del giorno prima.
“Prova a raccontarmelo.”
“Ma potrebbe non essere stata lei, magari sono stata io a collegare-”
“Dimmi cosa è successo, Vanessa.”
E così Vanessa spiegò nel modo più sensato possibile quello che era successo il giorno prima. Le persone sparite dal corridoio, la paura che i suoi poteri scoppiassero e Alicia sulle scale che le sorrideva.
“Lo hai raccontato a Eric?” chiese Kye alla fine.
“No, mi aveva detto il giorno prima di starle lontano e…”
“Dovresti dirglielo, è una delle uniche persone che Alicia ascolta davvero, se gli parlasse-”
“No!” urlò Vanessa. Kye la guardò sorpresa da quella risposta. Ma qualunque fosse la situazione, Vanessa doveva impedire a Eric di parlare di lei con Alicia. Perché sapeva che se avessero parlato di lei, il suo passato sarebbe saltato fuori. “Non voglio che si metta in mezzo. E poi lo ho già detto a te, no? Non voglio che diventi una cosa più grande di quella che è.”
Kye riflettè sulle sue parole, ma Vanessa le leggeva in faccia che non era soddisfatta. Alla fine però si arrese sbuffando e annuì. “Se succede qualsiasi cosa, qualsiasi, chiamami immediatamente, d’accordo? O chiama Gideon, Eric, qualcuno. E se prova a fare qualcos’altro dovrai raccontarlo a Eric o andrò io direttamente da Mr. Harrison perché prenda provvedimenti ufficiali. Okay?”
“Va bene. Possiamo andare a lezione ora?” tentò Vanessa, già stanca che la sua intera vita universitaria ruotasse intorno a una persona che nemmeno conosceva.
Kye non aggiunse niente e la accompagnò fino all’aula in silenzio, promettendo di tornare a prenderla alla fine della sua lezione.
Vanessa scelse un posto a caso tra le ultime file e mentre ascoltava la voce del professore tirò fuori il telefono distrattamente.
Mentre non controllava aveva ricevuto due messaggi, uno di Gideon e uno da un numero sconosciuto. Gideon le aveva mandato una foto di Eric, che stava dormendo a braccia incrociate su una delle scrivanie della biblioteca. Vanessa cercò di nascondere il sorriso dietro una manica della giacca quando si accorse che sulla guancia di Eric il ragazzo aveva disegnato un pezzo di pizza circondato da un cuore. Gli rispose in fretta e poi controllò il secondo messaggio.
Il sorriso le scomparve dal volto quando lesse le cinque parole sullo schermo.
Ci vediamo sabato. Non mancare.
E il tuo piatto preferito qual è?
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